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Miocardite. I sintomi, le cause e i trattamenti

A cura di
Bruno
Andreuzzi

La miocardite è una infiammazione del miocardio, ovvero il muscolo cardiaco. Colpisce in prevalenza la popolazione giovane e, quando si presenta in forma grave, può determinare rischi per il paziente.

Cos’è la miocardite?

La miocardite è un’infiammazione del muscolo cardiaco e presenta un ampio spettro di gravità: da una malattia pressoché asintomatica può comportarsi come una malattia molto aggressiva, con immediato pericolo di vita.

La miocardite può essere:

  • diffusa, e coinvolgere tutto il muscolo cardiaco
  • localizzata, ovvero limitata ad una zona
  • acuta, quindi a rapido sviluppo, ed in tal caso può mimare un infarto
  • cronica, a più lento sviluppo
  • fulminante, a rapidissima evoluzione infausta e che necessita di un trattamento molto aggressivo.

La conseguenza più temibile di una miocardite, se guarita, è la cardiomiopatia ipocinetica, ovvero la riduzione della capacità del cuore di pompare sangue in maniera adeguata. Condizione che viene comunemente definita come insufficienza cardiaca.

L’incidenza della malattia sintomatica era di circa 10 - 20 casi ogni 100.000 persone, con una discreta prevalenza nei maschi. Si tratta di statistiche precedenti la pandemia da Covid che, data la sua natura di infezione estremamente diffusa, ne ha aumentato in maniera significativa la frequenza.

Quali sono i sintomi della miocardite?

I sintomi più sospetti possono essere:

  • dolore toracico soprattutto se vi è associata, come capita con relativa frequenza, una pericardite
  • dispnea, mancanza di fiato, specie quando la miocardite è diffusa con riduzione della funzione cardiaca
  • palpitazioni, che possono portare anche ad una sincope.

Nei casi particolarmente gravi si associano alla dispnea sudore profuso e debolezza marcata, dovuti ad un importante calo di pressione. In questa evenienza si parla di shock cardiogeno.

Possono essere naturalmente presenti tutti i sintomi aspecifici delle malattie di una certa rilevanza. Sintomi quali astenia, affaticabilità, dolori muscolari, perché il danno muscolare cardiaco si può associare al danno dei muscoli scheletrici. E poi ancora nausea, mal di testa, i soliti sintomi della febbre che può essere associata.

Per sospettare una miocardite, sulla base dei sintomi, è utile anche la storia clinica per rilevare la presenza dei fattori causali che sono specificati di seguito.

Come si prende la miocardite?

Le cause della miocardite possono essere diverse. Una miocardite può essere determinata da:

  • infezioni virali, infezioni batteriche o dovuta a funghi o ancora parassiti
  • intossicazione causata da alcuni farmaci, da alcool o cocaina oppure sostanze tossiche come piombo e arsenico. Senza dimenticare le radiazioni
  • allergie a farmaci, punture di insetto, vaccinazioni
  • malattie di altri organi, per lo più malattie autoimmuni.

La causa prevalente è comunque virale. Nel caso di un’origine infettiva, il periodo di latenza fra la malattia infettiva, ad esempio un’influenza, e lo sviluppo della miocardite è di solito compreso fra 1 e 4 settimane.

L’insorgenza è in genere più rapida in caso di un’intossicazione o di un’allergia; è invece più lenta se conseguenza di malattie autoimmuni, come ad esempio la colite ulcerativa.

Quali esami fare per una diagnosi di miocardite?

Il primo esame da fare, come di regola per ogni sospetta malattia di cuore, è un elettrocardiogramma, molto sensibile nell’individuare un danno cardiaco, anche se non permette in genere di definire se da miocardite o da altra causa.

In contemporanea si fanno esami di laboratorio. I più specifici sono:

  • troponina e CPK-MB, che confermano in danno del muscolo cardiaco
  • PCR, che conferma una infiammazione in corso.

Naturalmente, come in tutte le malattie con sintomi, è utile fare una serie completa di esami di base, come funzione renale, emocromo, quadro elettrolitico.

L’ecocardiogramma va certamente fatto subito dopo l’elettrocardiogramma, in attesa dei risultati degli esami di laboratorio, anche se mostrerà delle anomalie solo in caso di miocardite di una certa gravità. In caso di presentazione acuta con dolore al petto, si può anche dover ricorrere ad una coronarografia, per escludere un infarto miocardico.

L’esame non invasivo più sensibile e specifico è la risonanza magnetica cardiaca, che può individuare anche miocarditi molto sfumate; è un esame piuttosto lungo e relativamente poco diffuso, per cui è spesso usato come conferma di un sospetto diagnostico nei casi dubbi.

La diagnosi di sicurezza di una miocardite si fa solo con una biopsia endomiocardica, che al contrario è un esame invasivo, riservato in genere ai casi in cui si prevedono terapie particolari.

Come si guarisce dalla miocardite?

La miocardite è una malattia la cui cura va individualizzata, perché dipende dalla causa.

Si fa sempre una terapia di supporto: riposo innanzitutto, spesso per mesi. Anche in una miocardite ben guarita l’agonismo è di regola vietato per 3-6 mesi. Segue il controllo dei sintomi con antidolorifici, ma non con gli antinfiammatori, che potrebbero peggiorare il quadro.

Si aggiungono in genere farmaci per prevenire l’evoluzione in insufficienza cardiaca, o per curarla se presente, come beta-bloccanti e inibitori sistema renina-angiotensina. Se si manifesta ritenzione idrica, gonfiore alle gambe, imbibizione dei polmoni, possono essere prescritti anche diuretici.

Si cura quindi la malattia alla base. Se su base batterica o parassitaria, sono somministrati antibiotici o antiparassitari; se virale in genere non sono disponibili cure antivirali valide, solo per pochi virus esistono farmaci efficaci. Se su base immunitaria, come spesso succede anche nelle miocarditi di origine virale, si adottano farmaci immunosoppressori. In casi particolarmente aggressivi, dopo una biopsia di conferma, sono disponibili cure molto specifiche come la depurazione del sangue dagli anticorpi.

La gestione dei casi gravi e nelle aritmie

Se vi è una grave compromissione della funzione cardiaca o addirittura un quadro di shock, si deve “sostenere il circolo” con farmaci stimolanti il cuore, come gli inotropi, fino al ricorso al supporto meccanico al circolo cioè l’applicazione di un temporaneo cuore artificiale, nei casi più gravi.

Per le aritmie, tachicardia, extrasistoli frequenti, va valutata con attenzione la terapia specifica. Spesso si mantiene solo una osservazione attenta in ospedale con elettrocardiogramma in continuo; i farmaci vanno scelti con molta attenzione, perché talora possono peggiorare il quadro. In alcuni casi selezionati è necessario l’impianto di un defibrillatore automatico.

Fortunatamente nella maggioranza dei casi la malattia guarisce nel giro di 1 - 2 mesi, ma può evolvere in una cardiomiopatia dilatativa con insufficienza cardiaca cronica, che, se grave, può richiedere un trapianto di cuore.