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L’incontinenza fecale: eziologia e trattamenti


L’incontinenza fecale è la perdita, non volontaria né controllata, sia di feci che di gas intestinali. Da quali fattori è determinata? E con quali terapie è trattata?

Cos’è l’incontinenza fecale?

L’incontinenza fecale è un disturbo che interessa la defecazione e consiste nella perdita di materiale fecale, sia solido che liquido, e di gas intestinali in modo involontario e incontrollato da parte del soggetto che ne soffre. Lo sfintere anale, del tutto o parzialmente, non risulta essere controllabile.

Questo disturbo interessa fino al 2% della popolazione, può manifestarsi con differenti soglie di gravità, da piccole perdite fino ad una totale incapacità di controllo sulla defecazione. Le donne ne sono maggiormente colpite, per via dei muscoli pelvici e addominali che soffrono di lassità più marcata. L’età è un fattore di rischio, dal momento che oltre i 40 anni aumenta la possibilità di manifestare questo disturbo, presente anche nella popolazione anziana.

Gli episodi di incontinenza fecale possono produrre un impatto negativo sulla qualità di vita del soggetto.

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Se ti è già stata diagnosticata la patologia e cerchi un consulto di un medico specializzato per stipsi e incontinenza fecale:

Quali sintomi determina?

Il sintomo caratterizzante è la mancanza di controllo o di rinvio dell’impulso alla defecazione, impulso che a volte non viene affatto avvertito. Ci sono in ogni caso altri sintomi che possono presentarsi:

Quali possono essere le cause?

L’insieme di cause che possono determinare l’insorgenza di questo tipo di incontinenza sono diverse. Si può infatti indicare:

  • stipsi e diarrea, sia cronica che acuta. Sono condizioni che potrebbero determinare alterazioni nella resistenza dei muscoli rettali, oltre a causare danni ai nervi che presiedono il controllo della defecazione
  • una eccessiva assunzione di lassativi, in caso di stipsi
  • emorroidi, quando si manifestano in modo grave
  • la perdita di elasticità del retto in seguito ad alcuni interventi chirurgici
  • incontinenza urinaria
  • stress o interventi chirurgici
  • sindrome dell’intestino irritabile
  • intolleranze alimentari e infezioni
  • traumi del pavimento pelvico che si sono verificati durante il parto.

Fattori di rischio

Esiste poi un insieme di fattori di rischio che può contribuire al manifestarsi di questa perdita involontaria di feci e gas intestinale:

  • la demenza o il morbo di Alzheimer. Le persone che soffrono di questi disturbi tendono nel tempo a perdere il controllo dello sfintere anale
  • la sclerosi multipla, che determina una riduzione della sensibilità di riempimento rettale
  • il diabete, che può causare danni al sistema nervoso periferico o, in altri termini, neuropatie periferiche
  • il prolasso rettale, che si verifica quando una porzione del retto scende nell’ano
  • il rettocele, una condizione che determina la sporgenza del retto attraverso la vagina.

Esistono possibili complicazioni?

Una complicazione che non deve essere valutata, perché interferisce in modo sensibile sulla qualità di vita del soggetto, è data dal disagio psicologico, che a sua volta può essere fonte di stress e di ansia.

Ci sono poi alcune ulteriori complicazioni di tipo più strettamente fisico:

  • la pelle attorno alla zona dell’ano può sbiancare e macerare, per via dell’umidità
  • possono svilupparsi delle piaghe da decubito
  • le infezioni a carico del tratto urinario possono manifestarsi con maggiore rischio
  • si possono sviluppare delle ulcere anali.

Come si svolge la diagnosi?

Una corretta diagnosi parte da una anamnesi approfondita, in cui il medico pone domande il merito alla frequenza di evacuazione, alle abitudini alimentari e alla eventuale assunzione di farmaci da parte del soggetto.

Segue l’esame rettale digitale, che consente di rilevare possibili difetti anatomici dello sfintere anale o l’eventualità di un prolasso rettale. Tra gli esami che possono essere svolti ci sono:

  • il test dell’espulsione del palloncino, che consiste nell’inserimento di uno specifico tipo di palloncino nel retto del soggetto, riempito d’acqua, cui segue la richiesta di espulsione. Il medico quindi chiede l’espulsione del palloncino. Se il tempo necessario è superiore al minuto, è possibile che ci sia una anomalia
  • nanometria anorettale, utile alla valutazione della pressione che gli sfinteri anali esercitano sia a riposo sia nel contesto di una espulsione
  • proctografia, che richiede l’adozione dei raggi X per capire la quantità di feci che possono essere contenute nel retto
  • test elettromiografici, per indagare la possibilità di danni al sistema nervoso
  • ecografia anorettale
  • proctosigmoicoscopia che, attraverso un endoscopio all’interno del canale anale, del sigma e quindi del retto, permette la visualizzazione dell’intestino.

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Come risolvere l’incontinenza fecale?

Il tipo di intervento nei casi di incontinenza fecale dipende dalla causa scatenante. Nei casi di stipsi cronica, ad esempio, la risoluzione si ha con assunzione di lassativi, quelli che contengono il lattulosio sono i più utilizzati. Un altro farmaco sono le supposte di glicerina.

Quando invece la causa è da imputare ad una diarrea cronica, si può ricorrere a farmaci antidiarroici che hanno come principio il loperamide, oppure gli oppioidi come la codeina o, infine, gli anticolinergici. Nei casi non particolarmente gravi può essere utilizzata la tecnica del biofeedback, per il rafforzamento muscolare del pavimento pelvico, o l’elettroterapia.

Se la causa è da ricondurre a emorroidi, prolasso rettale o rettocele, si ricorre ad una correzione chirurgica, nei casi di lesioni di origine traumatica dei muscoli atti alla defecazione si opta per la sfinteroplastica. La gracileplastica viene adottata per ripristinare il tono dei muscoli dello sfintere anale. Nei casi più gravi, la scelta chirurgica ricade sullo sfintere anale artificiale.