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Mal di schiena. La diagnosi e le cure possibili


Il mal di schiena (lombalgia) richiede attenzione e non va trascurato. Quando si sviluppa in forme acute, può cronicizzare. Risulta importante quindi intervenire in modo tempestivo. Il fisiatra del Centro Medico Santagostino illustra la diagnosi e indica le possibili cure.

Cos’è il mal di schiena?

Il mal di schiena viene definito in termini medici lombalgia. È un disturbo muscoloscheletrico molto comune, e si specifica in una manifestazione dolorosa in una zona del dorso o in più zone del dorso.

Queste zone di dolore possono essere puntualmente localizzate oppure più estese, possono estendersi fino a raggiungere la zona cervicale, le cosce e i glutei. A volte ad essere interessata è anche la zona viscerale.

Accanto al termine lombalgia, che viene utilizzato in modo specifico quando questo tipo di dolore interessa la zona lombare, può essere utilizzato il termine dorsopatia. Nei Paesi industrializzati le patologie a carico della colonna vertebrale interessano tra il 60% e l’80% della popolazione adulta.

In Italia, ad occuparsi delle questioni legate alle diverse patologie a carico della colonna vertebrale, e non solo, esiste la Società Italiana di Chirurgia Vertebrale.

Sintomi del mal di schiena

Insieme al dolore lungo la colonna vertebrale, oppure localizzato in zone specifiche o infine irradiato, come sarà approfondito in seguito, il mal di schiena si presenta con un insieme di sintomi che è bene non sottovalutare in sede di anamnesi, perché possono concorrere a inquadrare l’eziologia.

Tra i sintomi che più spesso accompagnano le lombalgie ci sono:

  • sensazione di formicolio a mani e piedi (parestesie)
  • sensazione di arto addormentato
  • debolezza a livello muscolare
  • vertigine e senso di perdita di equilibrio
  • cefalee
  • nausea oppure vomito
  • rigidità diffusa lungo la colonna.

Come capire da cosa dipende il mal di schiena?

Quando si ha a che vedere con il mal di schiena, il dolore può dipendere da diverse cause. Può verificarsi un movimento brusco, che rappresenta una causa circoscritta nel tempo, per certi versi straordinaria.

Nella maggior parte dei casi, il dolore può essere ricondotto a condizioni fisiologiche piuttosto serie: patologie dell’apparato neuro-muscolare, infiammazioni, oppure cancro e metastasi. Tra le cause del mal di schiena possono essere annoverati:

  • deformazioni della colonna congenite o acquisite, come la spondilolistesi
  • spondilite anchilosante, che determina inoltre dolore e rigidità
  • processi degenerativi vertebrali quali l’artrosi oppure l’osteoporosi
  • processi infiammatori come l’artrite reumatoide
  • contrattura di alcuni muscoli come, per esempio, l’ileopsoas
  • processi infettivi quali per esempio la tbc, la meningite o l’herpes zoster
  • tumori primitivi o relative metastasi localizzate lungo la colonna vertebrale
  • malattie connettivali come la fibromialgia
  • alterazioni dei legamenti della colonna
  • traumi o fratture a carico delle vertebre
  • contratture muscolari di difesa, alterazioni di una corretta postura
  • gravidanza, che determina aumento di peso e variazioni lungo la curva lombare
  • esiti di interventi chirurgici per ernia del disco
  • problemi psichici o di tipo neurologico
  • ernia del disco.

In ogni caso, solo il medico può individuare, come si vedrà, le cause che hanno determinato l’insorgenza di una lombalgia, che dipendono dal vissuto specifico del paziente. 

Quali sono i fattori di rischio del mal di schiena?

La lombalgia presenta molteplici fattori di rischio che possono concorrere, anche in una età non propriamente avanzata. Tra questi fattori possono essere indicati:

Concorrono all’insorgenza di lombalgia anche alcune omissioni: il non applicare regole ergonomiche quali il flettersi in avanti, piuttosto che piegare le ginocchia, o il dormire su di un materasso troppo duro o al contrario troppo morbido.

Lavorare per molte ore consecutive seduti, poi, può essere causa di sviluppo di dolore alla schiena. E non basta mantenere una posizione eretta per ridurre i rischi di dolori lombari, è piuttosto necessario seguire indicazioni puntuali su come avere la giusta posizione del monitor e della sedia, per poi eseguire esercizi adatti a distendere i muscoli e la colonna vertebrale.

Anche i problemi legati all’anca, e connessi alla postura, possono dare come esito la lombalgia.

Quando dura il mal di schiena? E quanto deve preoccupare?

Si può distinguere tra lombalgia acuta e lombalgia cronica a seconda della durata e delle specifiche caratteristiche.

La lombalgia acuta generalmente si risolve entro un mese. Compare dopo un evento ben inquadrabile, come un trauma o un eccessivo sforzo fisico. Può essere interessato qualsiasi elemento della colonna, come un disco intervertebrale, una cartilagine o un legamento.

Il cosiddetto colpo della strega è un esempio noto. Ha una causa di tipo muscolare e la sua manifestazione è una contrattura estremamente dolorosa e trafittiva. Il paziente risulta essere bloccato nei movimenti.

Si parla di lombalgia cronica quando la durata supera i trenta giorni. La causa può attribuirsi a una contrattura muscolare, o ad alterazioni anatomiche. Nei casi di contrattura, il dolore non ha più la sua funzione protettiva, e diventa invalidante e senza più scopo. Nel 10-15% dei casi le lombalgie acute diventano croniche.

Diagnosi di lombalgia

Nella maggior parte dei casi la lombalgia non viene propriamente identificata, né si ricerca una causa scatenante specifica, specie quando si ritiene che il dolore sia determinato da problemi meccanici, per esempio l’affaticamento muscolare o articolare.

Quando, con un trattamento conservativo, il dolore non scompare e si manifestano alcuni segnali di allarme quali una inspiegabile perdita di peso, febbre oppure problemi importanti quando ci si muove, possono essere necessari ulteriori test e altre visite mediche, per intercettare un possibile problema più serio.

In sede di anamnesi, al paziente sarà chiesto da quanto tempo si manifesta il dolore, se l’esordio è stato stato acuto o insidioso nel tempo, se è aggravato dal colpo di tosse o da uno starnuto, se è alleviato dal riposo e in quali momenti della giornata si presenta. La professione del paziente, ad esempio, è un fattore importante nella valutazione, così come l’eventuale sport.

È utile una valutazione sul modo in cui il paziente cammina, si siede oppure si sveste. In ultima battuta, lo specialista cercherà una chiara localizzazione per il dolore, anche nel caso in cui dovesse irradiarsi agli arti inferiori. Questa valutazione sarà effettuata con specifici test oppure prove sul piede, così da ricontrare un possibile deficit neurologico.

Quali esami svolgere

Tra gli esami strumentali più adottati ci sono:

Cosa fare se il mal di schiena non passa?

Quando si è in fase acuta, e nell’attesa di accertamenti sulla natura esatta del problema, si interviene con una terapia volta a eliminare o quantomeno limitare i sintomi del dolore lombare. Un riposo a letto, per massimo due giorni, sarebbe opportuno.

Quando il dolore è particolarmente intenso, si può indossare per breve tempo un bustino lombare, ma mai di notte. Per la terapia farmacologica vengono impiegati gli analgesici, gli antinfiammatori e i miorilassanti. A volte, e sotto esclusivo controllo medico, sono prescritti cortisonici per via intramuscolare.

Al paziente saranno poi insegnate alcune posizioni antalgiche. La posizione supina, quella ad anche e ginocchia flesse, con le gambe appoggiate su di una pila di cuscini. Finita la fase acuta e appurata la causa si iniziano, o riprendono, le terapie fisiche quali le correnti antalgiche e la diatermia, dal momento che un massaggio anche molto delicato può recare del sollievo in caso di dolore lombare.

Per limitare lo stress meccanico sulle vertebre, per riequilibrare le catene muscolari e acquisire una valida propriocezione, al paziente saranno indicati esercizi e comportamenti da seguire nelle attività quotidiane. Tra i diversi metodi, si ricordano:

I trattamenti osteopatici e manipolativi sono anche indicati, ma possono risultare efficaci solo se eseguiti da mani esperte.

Quando bisogna ricorrere all’intervento chirurgico?

Quando tutte le terapie farmacologiche, fisiche e posturali non hanno sortito effetti, o quando si è instaurato un importante deficit dei riflessi o dei movimenti, risulta necessario l’intervento chirurgico. Intervento che, si specifica, non sempre è risolutivo, e determina talora problemi di instabilità vertebrale. 

In alcuni casi, prima di ricorrere alla chirurgia, si può eseguire la coagulazione e successiva disidratazione del nucleo delle ernie “contenute” tramite la Coblazione o Nucleoplastica a radiofrequenze, che si effettua tramite un ago infisso nella cute. Sempre per via percutanea, si può iniettare nel disco una miscela di ossigeno e ozono con buoni risultati.

La diagnosi del disturbo viene eseguita dal medico fisiatra, che si occupa anche dell’impostazione del piano terapeutico. Il fisiatra collabora con il fisioterapista e l’osteopata, figure professionali formate per trattare il paziente manualmente o con strumenti specifici.