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Epatite A, che cos’è e come diagnosticarla


L’epatite A è un’infiammazione a carico del fegato dovuta al virus a RNA HAV, patogeno appartenente alla famiglia dei picornavirus

Che cos’è l’epatite A?

L’epatite A è una patologia che consiste in un’infiammazione a carico del fegato ed è causata dal virus HAV a RNA, patogeno della famiglia di picornavirus. Ha un’incubazione che può variare da un minimo di 15 giorni ad un massimo di 50. Il decorso è solitamente benigno e sono piuttosto frequenti le forme asintomatiche della malattia.

In alcuni casi, però, l’epatite A può avere un’evoluzione severa e tradursi anche in esiti fatali nelle forme fulminanti. Il tasso di mortalità di questa infezione si attesta tra lo 0,1 e lo 0,3% dei casi. Nei pazienti di età superiore ai 50 anni può arrivare anche all’1,8%.

Solitamente, comunque, la patologia si risolve completamente nel giro di una o due settimane.

Cosa provoca l’epatite A e come si prende?

Il contagio avviene principalmente per via oro-fecale, in quanto il virus responsabile dell’infezione si trova nelle feci del soggetto infetto fino a 10 giorni prima e fino a sette giorni dopo le prime manifestazioni sintomatologiche. Molto più ristretto (pochi giorni) l’arco temporale durante il quale il virus è reperibile nel sangue. 

Perché la trasmissione avvenga, è necessario un contatto diretto tra le persone, con acque infette o cibi contaminati

Sono, invece, molto più rari i casi in cui la trasmissione avviene attraverso prodotti derivati o trasfusioni ematiche.

C’è, infine, la possibilità che il virus possa essere trasmesso a causa di pratiche sessuali orali o anali con una persona infetta.

Epatite A: sintomi principali

Dopo un periodo di incubazione che, come abbiamo visto, può andare dai 15 ai 50 giorni, l’infezione può manifestarsi inizialmente con:

Dopodiché, a distanza di qualche giorno dai primi sintomi, può subentrare anche l’ittero, ossia la tipica colorazione giallastra di pelle e occhi legata a condizioni cliniche che riguardano il fegato. A ciò si possono associare anche un’urina più scura del normale.

I sintomi, solitamente, regrediscono adottando un regime alimentare adeguato e osservando il riposo e si risolvono senza conseguenze.

Qual è il test per l’epatite A?

Oltre all’esame obiettivo e al supporto degli esami strumentali (ecografia addominale per monitorare un eventuale ingrossamento del fegato), per la diagnosi di epatite A possono essere prescritti specifici esami del sangue.

Il nostro organismo, infatti, se esposto al virus HAV, produce due tipologie di immunoglobuline che, quindi, possono essere dosate attraverso un test ematico:

  • IgM
  • IgG

Gli anticorpi IgM sono rilevabili nel sangue a distanza di due o tre settimane dal contagio, mentre gli IgG compaiono una o due settimane dopo gli IgM. I primi circolano nel flusso ematico per un periodo che va dai tre ai sei mesi, i secondi restano nel nostro organismo per tutta la vita.

Quando e perché fare l’esame?

Il dosaggio degli anticorpi IgM anti-epatite A viene richiesto in presenza dei tipici sintomi di questa infezione quali, come accennato, affaticamento, nausea e vomito, dolore addominale, febbricola, urine più scure del normale, ittero, ma anche inappetenza e dolori articolari

La maggior parte dei bambini può contrarre l’infezione in forma asintomatica o paucisintomatica e manifestazioni come diarrea e febbre possono essere confuse con quelle influenzali.

Il test, inoltre, può essere prescritto anche a quei soggetti a rischio elevato di contrarre l’infezione come chi viaggia verso Paesi dove la diffusione del virus dell’epatite A è molto alta; le persone che fanno uso di sostanze stupefacenti per via endovenosa; chi ha rapporti sessuali non protetti o, ancora, le persone che hanno consumato cibi contaminati.

Può essere richiesto, infine, di effettuare gli esami nell’ambito del pannello delle epatite virali ai soggetti con manifestazioni sintomatologiche da epatite A la cui esposizione eventuale al virus non sia nota. Lo scopo è quello di identificare il tipo di patogeno che ha causato l’infezione.

Qual è il campione richiesto?

Per effettuare il dosaggio degli anticorpi IgM e IgG anti-epatite è sufficiente il prelievo di un campione di sangue venoso

In alcuni casi, oltre al test ematico, può essere effettuato anche il NAAT, ossia il test di amplificazione dell’acido nucleico che serve a rilevare la presenza di materiale genetico virale. Questo esame viene eseguito su un campione che può essere prelevato dalle feci, dai liquidi biologici o da un campione di tessuto epatico.

Come ci si prepara all'esame?

L’esame non richiede alcun tipo di preparazione specifica.

Cosa sappiamo grazie al test?

Il dosaggio degli anticorpi anti-epatite viene richiesto come supporto diagnostico per accertare che le eventuali manifestazioni sintomatologiche del paziente siano causate dal virus dell’epatite A.

Come abbiamo visto, sono due le classi di anticorpi che possono essere testate. In particolare, le immunoglobuline IgM sono le prime ad essere prodotte dal nostro sistema immunitario in seguito all’esposizione del nostro organismo al virus dell’epatite A. Sono rilevabili a distanza di due o tre settimane dal contagio e restano in circolo fino ad un massimo di sei mesi circa. La positività a questo test può indicare la presenza di un’infezione in corso o, comunque, recente.

Gli anticorpi IgG, invece, vengono prodotti più tardi, ma possono permanere nell’organismo anche per tutta la vita garantendo una protezione di tipo immunitario contro le eventuali e future esposizioni al virus. Questo test può essere eseguito, oltre che per rilevare eventuali infezioni pregresse, anche per accertare che il soggetto sia immunizzato contro la patologia e non necessiti, quindi, di vaccinazione. Il test può risultare positivo, infatti, anche dopo la vaccinazione. 

Ai pazienti che soffrono di epatiti acute, possono essere prescritti anche altri test come supporto diagnostico quali ALT, AST, bilirubina e altri esami del pannello epatico.

Quanto tempo ci vuole per guarire dall'epatite A?

Non c’è una cura specifica per il trattamento dell’epatite A che tende a risolversi spontaneamente, soprattutto per quanto riguarda le forme lievi.

Il trattamento indicato si concentra quindi sul sollievo dei sintomi e sul supporto al fegato mentre si riprende dall’infezione.

Uno dei migliori rimedi per guarire dall'epatite A è concedersi un adeguato riposo. È consigliabile evitare attività faticose, concentrarsi sul recupero e seguire un'alimentazione sana ed equilibrata, ricca di frutta, verdura e cereali integrali. Questi alimenti forniscono al corpo le vitamine e i minerali essenziali per favorire la guarigione.

In alcuni casi il medico può prescrivere farmaci per aiutare ad alleviare i sintomi. Possono prescrivere antiemetici per il vomito o antipiretici per la febbre. Nei casi più gravi, il medico può somministrare farmaci corticosteroidi per ridurre l'infiammazione del fegato.

Di solito le persone si sentono meglio entro poche settimane dall'inizio dell'infezione. Tuttavia, può richiedere fino a sei mesi perché il fegato si riprenda completamente. 

Quanto è pericolosa l'epatite A?

Generalmente l’epatite A è una malattia lieve che si risolve da sola senza causare danni permanenti. Tuttavia, può essere grave, soprattutto negli adulti più anziani e nelle persone con condizioni mediche preesistenti.

I seguenti fattori aumentano il rischio di sviluppare un'epatite A grave:

Esiste inoltre una forma severa e rara di epatite, l’epatite fulminante, che può avere esito fatale in quanto causa insufficienza epatica.