Cerca nel sito
Chiudi

Infarto: cos’è, quali sono i sintomi e come viene trattato

A cura di
Valeria
Buonamici
Claudio
Romei

L’infarto del miocardio è dovuto all’ostruzione di una delle arterie del cuore provocata da un coagulo di sangue. Scopri quali sono i sintomi e come viene trattato

Che cos'è l'infarto del miocardio?

Un infarto del miocardio è dovuto all'ostruzione di una delle arterie del cuore (arteria coronaria) provocata da un coagulo di sangue. Va ribadito che tale ostruzione si verifica in un'arteria già malata e ristretta da depositi di colesterolo. L’infarto del miocardio e quello cerebrale rappresentano la causa di morte principale nei Paesi sviluppati. 

In assenza di cure volte a eliminare l'ostruzione dall'arteria, entro poche ore la parte del muscolo cardiaco irrorata da quel vaso sanguigno viene irrimediabilmente distrutta. Tale distruzione, se l'infarto è esteso, può implicare la cosiddetta insufficienza cardiaca, ossia una notevole riduzione della funzione di pompa che svolge il nostro cuore circa 70 volte al minuto nel corso di tutta la nostra vita.

Quali sono le possibili cause?

Come detto, l’infarto è dovuto all’ostruzione dell’arteria coronaria. 

Ma qual è la causa di questa ostruzione? La ragione principale è l’aterosclerosi, ovvero l’accumulo, lungo le pareti interne delle arterie, di lipidi. Questi formano una vera e propria placca (placca aterosclerotica), la cui eventuale rottura comporta la formazione di un coagulo di sangue, il quale può ostruire il regolare flusso arterioso.

Benché non siano ancora chiare le cause in grado di favorire lo sviluppo dell’aterosclerosi, esistono fattori di rischio che possono aumentare le probabilità di avere un attacco di cuore:

  • pressione alta: comporta un sovraccarico sull’attività cardiaca che, alla lunga, può provocare un progressivo malfunzionamento del cuore
  • stile di vita: fumo e vita sedentaria sono tutti fattori di rischio per l’insorgere di patologie cardiocircolatorie. 
  • alimentazione: un livello di colesterolo eccessivamente alto così come quello di glucosio nel sangue potrebbero rendere più probabile l’infarto miocardico

I sintomi dell’infarto

Nella maggior parte dei casi, la malattia ha inizio improvvisamente con un intenso dolore al petto.

Si tratta di un dolore ubicato al centro del torace, dietro allo sterno, spesso irradiato verso il braccio (soprattutto il sinistro) e la parte inferiore della mandibola.

Il dolore è intenso e prolungato. Un dolore molto breve (che dura solo pochi secondi) o molto acuto (tale da far pensare a una puntura di spillo) nella maggior parte dei casi non è di origine cardiaca.

Nei soggetti che soffrono di angina pectoris, il dolore è diverso da quello delle normali crisi per via della sua maggiore intensità e per il fatto che non passa dopo l'assunzione di trinitrina in spray o in compresse.

A volte, il dolore non è localizzato nel petto, bensì nella schiena o nell'addome.

Il dolore è spesso accompagnato da gravi sintomi:

  • sudorazione abbondante
  • sensazione di malessere che può giungere fino alla perdita di coscienza
  • a volte nausea e vomito
  • ansia.

Che cosa bisogna fare in caso di sintomi?

Senza indugi, bisogna allertare il servizio di emergenza (112). Al momento della chiamata è necessario cercare di mantenere la calma per spiegare all'operatore addetto alle emergenze, rapidamente ma con chiarezza, le circostanze del dolore o del malessere, senza dimenticarsi di comunicare con precisione anche il proprio indirizzo.

In attesa dei soccorsi è indispensabile lasciare il malato disteso senza muoverlo, evitando di lasciarlo solo. Un arresto cardiaco può verificarsi entro i primi minuti dall'infarto, il che richiede, in attesa dello staff medico, di dare inizio alle manovre di rianimazione di base (massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca) che possono salvare il malato.

È fondamentale che, il più rapidamente possibile, sia una squadra di emergenza, e poi uno staff specializzato in cardiologia a occuparsi del malato.

A brevissimo termine, i membri della squadra di emergenza si preoccupano di confermare la diagnosi tramite un elettrocardiogramma, di lenire il dolore e di garantire un trasporto medicalizzato verso un centro di cardiologia. Il controllo costante del ritmo cardiaco, della pressione arteriosa e della respirazione durante il trasporto e al momento del ricovero consente di fare rapidamente una diagnosi e di curare le complicazioni che possono sopraggiungere entro le prime ore da un infarto.

Come viene trattato l'infarto?

Se l'infarto viene diagnosticato entro le prime ore, è possibile che l'ostruzione possa essere rimossa dall'arteria malata. Ciò può essere effettuato tramite:

  • la somministrazione per via endovenosa di un farmaco chiamato “trombolitico”, destinato a sciogliere il coagulo. Tale trattamento a volte può addirittura avere inizio presso il domicilio del malato stesso.
  • mezzi esclusivamente meccanici. In tal caso, non appena giunto in ospedale, il malato verrà condotto direttamente in sala operatoria per una coronarografia, allo scopo di opacizzarne le arterie coronarie tramite un catetere introdotto in un'arteria femorale (a livello inguinale), che viene poi fatto risalire fino al cuore sotto controllo radiologico.

L'arteria coronaria malata, una volta individuata, verrà liberata dall'ostruzione tramite un palloncino gonfiabile, e in questo caso si parla di angioplastica coronarica. Molto spesso, tale operazione verrà completata tramite l'inserimento all'interno dell'arteria di una piccola protesi metallica dall'aspetto di una molla, detta stent, destinata a evitare un'ulteriore ostruzione.

Se vengono effettuate entro le primissime ore dall'infarto queste manovre, si riducono le dimensioni della zona cardiaca distrutta e migliorano pertanto notevolmente la prognosi a breve ed a lungo termine.

Nel caso in cui non sia possibile adottare la procedura dell'angioplastica, si deve ricorrere alla procedura dell'impianto di porzioni di arterie o vene sostitutive detta By-Pass Aorto-Coronarico (BPAC), prelevate dallo stesso paziente e adeguatamente preparate per l'impianto, permettendo così la creazione di un “ponte” a valle e a monte del tratto coronarico chiuso.