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Pubblicato inPatologie

La mononucleosi: come si prende e quali sono le cure

La mononucleosi è una patologia infettiva causata dal virus di Epstein-Barr (EBV). Scopriamo sintomi e trattamenti più comuni.

Che cos’è la mononucleosi?

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La mononucleosi è un’infezione virale acuta causata dal virus di Epstein‑Barr (EBV). È frequente tra adolescenti e giovani adulti, ma può colpire a qualsiasi età. Si trasmette attraverso la saliva, e per questa ragione viene comunemente chiamata malattia del bacio.

Dopo una incubazione compresa tra i 30 e i 50 giorni, può presentare sintomi iniziali simili all’influenza: febbre, astenia, mal di gola e linfonodi ingrossati, in particolare al collo. Nella fase acuta possono comparire anche ingrossamento del fegato e della milza, rash cutanei e malessere generalizzato.

La mononucleosi è autolimitante: si risolve spontaneamente in alcune settimane, anche se la stanchezza può persistere per mesi. Non esistono cure specifiche e la gestione si concentra su riposo, antipiretici e FANS.

Gli esami del sangue più importanti

Come si prende la mononucleosi?

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La mononucleosi, come detto, si trasmette tramite la saliva. Quindi si può prendere attraverso i baci, la tosse e gli starnuti. In queste due ultime circostanze si trasmette attraverso goccioline, o droplet. Possibile mezzo di contagio può essere, inoltre, la condivisione di posate, bicchieri e spazzolini da denti.

È importante sottolineare che la mononucleosi può contagiare anche attraverso il contatto diretto con fluidi corporei infetti, sebbene questa modalità di trasmissione sia meno comune. Dal primo contatto con il virus, si ha una incubazione compresa tra i 30 giorni e i 50 giorni.

Quali sono i sintomi della mononucleosi?

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I sintomi iniziali compaiono il periodo d’incubazione e sono:

Nella fase acuta si manifestano i sintomi principali, che sono marcati e più duraturi nel tempo:

  • febbre persistente, solitamente alta, spesso intorno ai 39 °C
  • mal di gola severo (faringotonsillite), con placche e difficoltà a deglutire
  • linfoadenopatia: linfonodi ingrossati e dolenti al collo, ascelle, inguine
  • stanchezza e astenia intensa, spesso il sintomo più persistente anche per settimane o mesi
  • ingrossamento della milza e, in alcuni casi, del fegato (splenomegalia, epatomegalia)
  • mal di testa, dolori muscolari e articolari
  • rash cutaneo, presente fino al 20% dei casi.

Tra i sintomi può comparire l’ittero, conseguenza di un interessamento del fegato.

Complicanze

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Tra le possibili complicanze della mononucleosi vi è la rottura della milza. Pur trattandosi di una circostanza rara, questa eventualità va presa in debita considerazione, poiché rappresenta un‘urgenza medica potenzialmente fatale che richiede un pronto intervento ospedaliero.

Altre complicazioni rare includono alcuni danni neurologici come:

In rari casi, l’Epstein-Barr può contribuire alla comparsa di alcuni tumori, come il linfoma di Burkitt e neoplasie del naso e della gola. Si è ipotizzato infatti che determinati geni virali possano alterare il ciclo di crescita delle cellule infette favorendone l’evoluzione in tumore.

Contagiosità e durata della mononucleosi

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La mononucleosi è una malattia moderatamente contagiosa, specialmente tra gli adolescenti e i giovani adulti. Le possibilità di infettarsi sono maggiori in presenza di difese immunitarie indebolite, per esempio a causa di intenso stress o di una malattia debilitante.

La contagiosità può perdurare per un lungo periodo, poiché, dopo l’insorgenza della malattia, il virus rimane nell’organismo allo stato latente. Durante le fasi di riattivazione del virus, i portatori sani possono diventare dunque veicoli di contagio per altri soggetti. Non possono, tuttavia, contrarre di nuovo la malattia.

I sintomi della mononucleosi durano per un massimo di 2 settimane. La fase acuta della malattia tende a passare nel giro di 2 o 3 settimane. La spossatezza può invece persistere anche per mesi. 

Come si diagnostica?

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La diagnosi di mononucleosi si basa sul dosaggio di diverse classi di anticorpi, prodotti dal sistema immunitario in presenza del virus Epstein-Barr.

Nel dettaglio, questi anticorpi sono in grado di intercettare l’Epstein-Barr per mezzo di differenti antigeni presenti nel virus. In base alla fase dell’infezione, la concentrazione di questi anticorpi può aumentare o diminuire. I valori più alti si attestano nel contesto dell’infezione primaria.

Gli esami del sangue forniscono quindi informazioni sullo stadio e sulla evoluzione della malattia. Gli anticorpi da dosare includono:

Tipo di anticorpo Descrizione
VCA-IgM Prodotti contro l’antigene del capside virale. La loro presenza nel circolo ematico indica uno stadio infettivo precoce, in quanto sono:

  • i primi a comparire in seguito all’esposizione al virus
  • tra i primi a sparire, nel giro di massimo 6 settimane.
VCA-IgG Presenti durante la fase infettiva acuta. Tendono a una decrescita graduale, per poi stabilizzarsi e permanere nell’organismo per tutta la vita.
EA-D Anticorpi contro l’antigene precoce. Sono rilevabili nella fase acuta e tendono quindi a scomparire. Possono essere rilevati in circa una persona su cinque anche ad anni di distanza dalla risoluzione dell’infezione.
EBNA Anticorpi contro l’antigene nucleare dell’Epstein-Barr. Solitamente rilevabili solo dopo la fase acuta dell’infezione, generalmente a distanza di 2 e fino a 4 mesi dalla fase iniziale. Anche questi anticorpi permangono per tutta la vita.

Altri esami

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Quando si sospetta la mononucleosi, può essere prescritto anche il monotest. Questo è un test rapido la cui funzione è ricercare gli anticorpi eterofili, prodotti dal sistema immunitario come risposta alla esposizione all’Epstein Barr Virus. È un esame meno specifico rispetto agli esami ematici, ma ha comunque una buona sensibilità.

Ci sono poi diversi valori ematici utili a fornire informazioni diagnostiche, come quelli relativi alla concentrazione ematica di globuli bianchi. In un contesto di infezione si verifica una linfocitosi, ovvero un aumento di linfociti, che contestualmente mostrano una morfologia anomala.

Dato anche il possibile coinvolgimento del fegato, è possibile che siano svolti i dosaggi di transaminasi e bilirubina. Una loro alta concentrazione indica, infatti, un danno al fegato.

Quante volte si può prendere la mononucleosi nella vita? E quanto è pericolosa?

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L’immunità dalla mononucleosi è di fatto permanente. Per cui si contrae la malattia una sola volta nella vita.

Altro discorso è la riattivazione del virus. Questa infatti può accadere perché il paziente ha un deficit di funzionamento del sistema immunitario, oppure perché soffre di AIDS o, ancora, perché assume farmaci immunosoppressori. Si ricordi infine che anche lo stress può essere un fattore di riattivazione del virus.

La mononucleosi non è pericolosa. Nei bambini può causare la comparsa di sintomi lievi e di breve durata. Può quindi risolversi con decorso paucisintomatico.

Come guarire dalla mononucleosi?

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Non c’è una terapia medica specifica per la mononucleosi. Gli antivirali non hanno dimostrato efficacia per la risoluzione della infezione, né per impedire la replicazione dell’Epstein Barr.

Viene richiesto di osservare il riposo, nello stadio iniziale della malattia. Nella fase acuta è possibile la somministrazione di antidolorifici e corticosteroidi, sotto prescrizione medica. L’attività fisica va evitata almeno per 1 mese, specie in caso di sport di contatto e di sollevamento pesi, per via del rischio di rottura della milza. Nei casi di febbre e di dolori si può ricorrere al paracetamolo e agli antinfiammatori non steroidei (FANS).

Dal momento che la mononucleosi rappresenta una patologia virale, non hanno invece utilità alcuna gli antibioticiche rischiano invece di gravare ulteriormente sul sistema immunitario.

terapia per la mononucleosi

Chi ha la mononucleosi deve stare in isolamento?

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In caso di insorgenza di sintomi riconducibili alla mononucleosi è consigliato l’isolamento, così da evitare la diffusione del virus. Il riposo assoluto è consigliato soprattutto nelle fasi iniziali, durante la prima o le prime due settimane. L’obiettivo è scongiurare l’ipotesi di complicanze a carico di fegato e milza.

L’attività può in seguito aumentare, ma sempre avendo cura di evitare sforzi fisici considerevoli per almeno un mese. Una buona igiene personale e una corretta alimentazione completano la giusta prassi da seguire.

Gli esami del sangue più importanti

Come si fa a capire se la mononucleosi è finita?

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Si ha sicurezza sulla fine della mononucleosi quando, accanto alla sensibile diminuzione e poi scomparsa dei sintomi, si svolgono analisi che certificano la scomparsa degli anticorpi IgM anti EBNA.

I valori IgG anti EBNA, invece, fanno la loro comparsa quando la malattia è terminata e rimangono positivi.