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Morbo di Crohn: sintomi, le cause e i trattamenti

A cura di
Gianalberto
Grasso

Il morbo di Crohn è una patologia infiammatoria cronica, dalle cause non del tutto conosciute, che interessa principalmente l’ultimo tratto dell’intestino tenue

Che cosa è il morbo di Crohn?

Il morbo di Crohn, chiamato anche malattia di Crohn, è una patologia infiammatoria cronica che può colpire l’intero apparato digerente in una qualsiasi delle sue sezioni: dalla bocca fino all’ano.

Nella maggior parte dei casi interessa l’ileo terminale, ovvero la parte dell’intestino tenue nel suo ultimo tratto, oppure il colon, ricompreso nell’intestino crasso.

Le aree intestinali colpite si differenziano in modo piuttosto marcato rispetto all’intestino adiacente, che prende il nome di area di risparmio. La distribuzione dei tratti interessati è:

  • 35% con esclusivo coinvolgimento dell’ileo
  • 45% con coinvolgimento di ileo e colon. Il lato destro del colon è statisticamente più colpito
  • 20% con esclusivo coinvolgimento del colon. Nella maggior parte dei casi, in questa occorrenza non si verifica un interessamento del retto.

Chi colpisce il morbo di Crohn?

Questa infiammazione interessa solitamente persone di età compresa tra i venti e i trent’anni. Attualmente in Italia circa 150.000 persone soffrono di malattie intestinali. Di queste, circa il 30%, 40% soffre del morbo di Crohn.

Non è raro che ad essere colpiti siano bambini e adolescenti. Più rara, anche se possibile, è l’insorgenza in pazienti di età avanzata, con un picco osservabile dopo i 65 anni di età.

Che sintomi ha il morbo di Crohn?

Il quadro sintomatologico determinato dalla malattia di Crohn si manifesta in base alle zone intestinali colpite da questa particolare infiammazione. Tra i sintomi più comuni si indicano:

È inoltre possibile che il paziente manifesti una perdita di peso significativa, conseguenza del malassorbimento determinato dalla malattia. Ulteriori sintomi possono essere raccolte di pus o fistole perianali.

Va segnalato come il morbo di Crohn possa comportare sintomi aspecifici, e la sua scoperta avviene causalmente, nel contesto di accertamenti di tipo radiologico o endoscopico svolti per altre cause.

Come evolve?

L’esordio si caratterizza per infiammazione e per la presenza di ascessi criptici, che tendono a progredire in ulcere aftoidi, che a loro volta tendono a diventare delle ulcere profonde. Quando l’infiammazione si estende, le pareti intestinali presentano linfedema e ispessimento. Non va esclusa la possibilità di occlusione intestinale.

I segmenti intestinali che sono colpiti dalla malattia di Chron presentano un aumento del rischio di cancro, così come nei casi di interessamento del colon si ha un rischio di cancro del colon-retto identico al rischio che si ha nei casi di colite ulcerosa, a parità di estensione e durata della patologia.

Per via del malassorbimento, è possibile che il paziente vada incontro a carenze nutrizionali, specie in relazione alla vitamina D e alla vitamina B12.

Cosa può provocare il morbo di Crohn?

Non si ha certezza sulle cause del morbo di Crohn. È stata rilevata tuttavia una correlazione con un’attivazione, continua e non regolata, del sistema immunitario della mucosa intestinale.

Attualmente l’insorgenza della malattia di Crohn viene ricondotta a tre fattori di rischio in interazione tra loro:

  • predisposizione genetica, dovuta all’alterazione del gene NOD2
  • tessuti danneggiati per via della reazione immunitaria determinata da batteri della flora presente nel tratto gastrointestinale
  • fattori ambientali quali il fumo di sigaretta e l’assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS).

Quali sono gli esami per il morbo di Crohn?

L’inquadramento diagnostico del morbo di Crohn prende avvio con l’anamnesi del paziente, che include informazioni sull’eventuale assunzione di farmaci e sulla storia familiare. Segue l’esame obiettivo, che prevede:

  • controllo del gonfiore o della distensione dell’addome
  • ascolto, per mezzo del fonendoscopio, dei suoni addominali
  • palpazione dell’addome per trovare eventuali zone dolenti e per un controllo delle dimensioni di fegato e milza.

Il terzo momento diagnostico prevede sia esami di laboratorio, nello specifico del sangue e delle feci, sia esami strumentali, tra i quali si indicano:

  • colonscopia comprensiva di visualizzazione dell’ileo e di biopsie multiple intestinali. Con questo esame, adottato anche per il monitoraggio periodico, viene valutato lo stato della mucosa intestinale
  • ecografia addominale che include lo studio delle anse intestinali, utile per la valutazione non invasiva della parete intestinale. Serve per l’esclusione o la diagnosi delle complicanze, oltre che per monitoraggio quando il paziente è sotto cure
  • risonanza magnetica addominale con mezzo di contrasto, che consente la localizzazione dell’infiammazione e la sua estensione, insieme alla valutazione di possibili complicanze.

Come si cura il morbo di Crohn?

L’obiettivo della terapia per la gestione del morbo di Crohn è l’attenuazione dell’infiammazione intestinale. I trattamenti previsti, che variano anche in base al tratto gastrointestinale che risulta interessato dall’infiammazione, sono:

  • steroidi, di tipo sistemico oppure a bassa biodisponibilità. Svolgono un ruolo antinfiammatorio e servono a modulare la risposta immunitaria
  • farmaci biologici. Si tratta di anticorpi monoclonali che in modo selettivo bloccano alcune molecole responsabili dell’infiammazione
  • farmaci immunosoppressori, come ad esempio l’azatioprina, che portano alla morte dei globuli bianchi che sono attivati e determinano l’infiammazione
  • cellule staminali mesenchimali, per trattare le fistole perianali che non rispondono ad altri trattamenti
  • antibiotici intestinali, somministrati solo nei casi di complicanze.

Si può ricorrere ad un intervento chirurgico quando è necessario rimuovere complicanze ormai irreversibili, e quando l’approccio farmacologico non determina benefici per il paziente.

Quali cibi evitare?

I pazienti che soffrono della malattia di Crohn hanno necessità di seguire uno specifico regime alimentare che eviti l’aggravamento della malattia. Per raggiungere questo scopo è necessario ridurre al minimo, anche se sarebbe meglio eliminare del tutto, alimenti quali carni grasse, rosse, affumicate oppure lavorate, come ad esempio gli insaccati.

Le bevande gasate o zuccherate, insieme alla frutta e alla verdura se consumate crude, possono determinare un peggioramento dei sintomi. Anche gli snack di lavorazione industriale possono causare un peggioramento sintomatico.

Devono essere esclusi dal proprio regime alimentare altri alimenti: i cibi particolarmente piccanti o speziati, i fritti, la caffeina e gli alcolici. Tra i condimenti vanno infine esclusi gli olii di semi e le margarine.