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Diabete di tipo 2: cause, sintomi e cure della patologia


Il diabete di tipo 2 è una patologia di natura cronica dovuta al cattivo funzionamento dell’insulina, l’ormone prodotto dal pancreas che trasporta il glucosio alle cellule

Che cos’è il diabete di tipo 2?

Il diabete di tipo 2 è una patologia cronica che comporta livelli ematici di glucosio superiori al normale. Ciò è dovuto a disfunzioni che riguardano l’insulina, l’ormone prodotto dalle cellule del pancreas, che ha il compito di trasportare gli zuccheri dal sangue alle cellule perché vengano convertiti in energia.

Nove pazienti diabetici su dieci hanno questa forma di diabete, conosciuta anche come diabete dell’adulto in quanto, a differenza del diabete di tipo 1, colpisce prevalentemente le persone di età superiore ai 40 anni.

L’incidenza rispetto alla popolazione generale è del 5%, ovvero circa tre milioni di persone. Si tratta, però, di una stima approssimata per difetto, in quanto si ritiene siano circa un milione in più i soggetti che avrebbero già il diabete, ma non lo saprebbero ancora.

Il diabete di tipo 2, come tutte le altre patologie di natura cronica, può causare anche, se non adeguatamente trattato, complicanze severe che possono coinvolgere, nel caso specifico, il sistema cardiocircolatorio, gli occhi, i reni e i nervi.

A tal proposito, infatti, i pazienti diabetici avrebbero una probabilità cinque volte maggiore, rispetto alle persone sane, di sviluppare patologie cardiovascolari come l’ictus, ad esempio.

Insufficienze renali o amputazione degli arti inferiori sono altre gravi conseguenze possibili del diabete.

Quali sono le possibili cause?

Come accennato, il diabete di tipo 2 è dovuto ad alterazioni nel funzionamento dell’insulina. Si parla, infatti, di ridotta sensibilità all’insulina o insulino-resistenza per descrivere l’incapacità delle cellule di rispondere in maniera adeguata a questo ormone. 

L’insulina, infatti, dovrebbe trasportare il glucosio dal sangue alle cellule perché venga convertito in energia da utilizzare per il loro funzionamento. 

Nei pazienti diabetici l’insulina non funziona correttamente provocando un accumulo di glucosio nel sangue superiore ai valori normali, una condizione nota come iperglicemia

All’origine delle anomalie nel funzionamento dell’insulina ci sarebbero, poi, alcuni fattori di rischio in grado di aumentare le probabilità di sviluppare la malattia.

In primo luogo, l’aspetto anagrafico: le persone di età superiore ai 40 anni sono più suscettibili all’insorgenza di diabete di tipo 2.

C’è poi la componente ereditaria: avere un parente stretto malato può aumentare le probabilità di sviluppare il diabete. Più il parente è stretto, maggiore è il rischio di svilupparlo.

Infine, anche lo stile di vita assume un valore cruciale, poiché i soggetti sovrappeso o obesi, alla lunga, possono finire con l’ammalarsi. Il tessuto adiposo, infatti, rilascia sostanze che sono in grado di impattare sia sul metabolismo sia sul sistema cardiovascolare.

I sintomi del diabete di tipo 2

Per diagnosticare il diabete di tipo 2 con un esame obiettivo, c’è una serie di manifestazioni sintomatologiche tipiche della malattia, che compaiono nella maggior parte dei casi di diabete.

Per quanto riguarda il tipo 2, il soggetto malato può avere frequente necessità di bere e, di conseguenza, di urinare, in particolare durante le ore della notte.

I pazienti diabetici accusano generalmente una sensazione di stanchezza e un’inspiegabile perdita di appetito.

Può capitare, poi, che si manifestino anche altri sintomi, come prurito a livello degli organi genitali e, in particolare le donne, possono sviluppare candidosi, conosciuta anche come “mughetto”.

Nei pazienti con diabete mellito di tipo 2, poi, le ferite o i tagli tendono a rimarginarsi e guarire più lentamente rispetto a quanto succede alle persone sane. La vista, infine, può risultare offuscata.

Non sempre le manifestazioni sintomatologiche del diabete sono sufficienti a elaborare una diagnosi. Anzi, nella maggior parte dei casi, risultano poco chiare ed evidenti, al punto che la diagnosi può avvenire con molto ritardo, anche ad anni di distanza dall’effettiva comparsa della malattia. 

Più comune, infatti, è il caso in cui la persona scopra di avere il diabete in seguito a controlli di routine come gli esami del sangue.

Tuttavia, resta fondamentale diagnosticare il prima possibile il diabete, al fine di intervenire per tempo e scongiurare le possibili complicanze della patologia.

Come avviene la diagnosi di diabete?

Come detto, il diabete può essere diagnosticato grazie ai risultati degli esami del sangue e, in particolare, attraverso la misurazione della glicemia, ossia la concentrazione ematica di glucosio.

Possono anche essere prescritti esami delle urine in quanto, quando la glicemia si attesta attorno ai valori di 180 milligrammi per decilitro o superiori, il glucosio può essere rilevato anche nelle urine, avendo superato il filtro dei reni.

Nelle persone sane, trascorse otto ore di digiuno, la glicemia è solitamente inferiore ai 100 mg/dl. Il diabete viene diagnosticato nel momento in cui i livelli di glucosio nel sangue sono superiori a 126 mg/dl per almeno due volte o superiori a 200 dopo la somministrazione di glucosio, come avviene nel test della curva da carico.

Proprio quest’ultimo esame è un altro dei test che viene utilizzato per la diagnosi di diabete.

Viene effettuato in più fasi, la prima delle quali consiste in un prelievo di sangue per la misurazione della glicemia a digiuno. Successivamente, al paziente verrà somministrata una soluzione che contiene 75 grammi di glucosio, secondo le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità. Passate due ore dall’assunzione del glucosio, viene effettuato un altro prelievo di sangue per rilevare nuovamente la glicemia.

Si parla di alterata glicemia a digiuno con valori compresi tra 110 e 126 mg/dl e di ridotta tolleranza al glucosio con valori superiori a 140 e inferiori a 200 mg/dl a distanza di due ore dal carico di glucosio.

Infine, tra gli esami del sangue prescritti per diagnosticare il diabete, c’è un test noto come test dell’emoglobina glicata, che misura la concentrazione di glucosio nel plasma sul lungo periodo. La diagnosi è confermata nel momento in cui il valore di questo analita superi il 6,5%.

Qual è la differenza tra diabete di tipo 1 e 2?

La principale differenza tra le due forme di diabete riguarda la natura autoimmunitaria del tipo 1, nel quale il sistema immunitario attacca erroneamente e distrugge le cellule beta del pancreas adibite alla produzione di insulina. 

Il diabete è una malattia che, in entrambi i tipi nei quali può svilupparsi, comporta livelli ematici di glucosio superiori al normale, condizione nota come iperglicemia.

Se nel tipo 1 ciò è dovuto ad un deficit di insulina, nel tipo 2 la causa va ricercata, invece, nel suo cattivo funzionamento.

Il diabete di tipo 2, poi, è tipico dell’età adulta e tende a colpire le persone di età superiore ai 40 anni, al contrario del tipo 1, più frequente tra i giovani. 

L’incidenza del diabete di tipo 2 sulla popolazione generale è molto più alta rispetto al tipo 1: 5% contro lo 0,5%

Tra i pazienti affetti da diabete, nove su dieci hanno il tipo 2, mentre il restante 10% ha sviluppato il tipo 1.

Come curare il diabete di tipo 2?

Prima di addentrarci nelle varie tipologie di trattamento, è necessario premettere che il diabete non può essere guarito. Le terapie sono quindi finalizzate ad intervenire sui sintomi, mantenendo la glicemia entro valori normali e scongiurando possibili complicanze della malattia.

Per raggiungere questo scopo, si possono effettuare trattamenti farmacologici o adottare cambiamenti nel proprio stile di vita e regime alimentare, attraverso regolare esercizio fisico e una dieta bilanciata e corretta.

Terapie farmacologiche

I trattamenti farmacologici per la cura del diabete includono la somministrazione di insulina o di altri farmaci iniettabili.

Di seguito, vediamo quali sono i principali:

  • metformina, rende le cellule più sensibili all’azione dell’insulina, limitando il rilascio nel flusso ematico del glucosio da parte del fegato
  • sulfoniluree, incrementano l’insulina prodotta dalle cellule del pancreas
  • pioglitazone, favorisce il trasporto di glucosio dal sangue alla cellule rendendole più sensibili all’azione dell’insulina
  • gliptine, impediscono la metabolizzazione di un ormone (GLP-1) che stimola la produzione di insulina in presenza di glicemia elevata
  • agonisti di GLP-1, dall’azione simile a quella delle gliptine, promuovono la produzione di insulina in risposta a valori ematici di glucosio elevati, senza causare ipoglicemia
  • inibitorio sodium-glucose cotransporter 2, aumentano l’eliminazione del glucosio attraverso le urine
  • nateglinide/repaglinide, stimolano il pancreas a rilasciare insulina nel sangue
  • acarbose, previene l’iperglicemia dopo i pasti rallentando il processo di metabolizzazione del glucosio
  • insulina, da somministrare con iniezione per scongiurare il rischio che venga neutralizzata dallo stomaco, se assunta per bocca

Cosa non mangiare con il diabete di tipo 2?

Oltre alle terapie farmacologiche e all’attività fisica, il diabete può essere curato correggendo il proprio regime alimentare. 

Chi soffre di diabete, infatti, dovrebbe prediligere nella sua dieta cibi non zuccherati e poveri di grassi

Inoltre, è consigliabile il consumo di proteine, tenendo conto, però, che un loro abuso potrebbe andare a stressare eccessivamente le funzionalità renali. 

Chi ha già problemi ai reni, quindi, dovrebbe comunque limitare la loro assunzione.

Bene, invece, gli alimenti ricchi di fibre quali i fagioli, le lenticchie, i cereali integrali, la verdura e la frutta. 

Sono preferibili, come detto, i cibi poveri di grasso quali, ad esempio, il latte scremato, gli oli vegetali, gli yogurt magri, mentre andrebbero evitati gli alimenti lavorati.

Ai cibi fritti andrebbero preferiti quelli cotti al vapore, al forno o alla griglia.