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Pubblicato inEsami del sangue (Analiti)

La linfocitosi: quando aumentano i linfociti nel sangue

Linfocitosi: un approfondimento su cause, sintomi e valori critici. Come interpretare gli esami del sangue e affrontare la salute in modo informato.

Per linfocitosi si intende l’aumento dei linfociti nel sangue.  I linfociti sono una sottocategoria dei globuli bianchi, e appartengono al nostro sistema immunitario.

Cos’è la linfocitosi?

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Per linfocitosi si intende l’aumento dei linfociti nel sangue.  I linfociti sono una sottocategoria dei globuli bianchi, e appartengono al nostro sistema immunitario.

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Come identifico la linfocitosi?

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Si parla di linfocitosi quando il valore assoluto (#) che compare all’emocromo supera i 4000/microL.  È importante considerare il valore assoluto e non il valore percentuale (%) dei linfociti, poiche quest’ultimo può talvolta superare i valori di riferimento semplicemente a causa di una diminuzione dei granulociti.

Per non incorrere in errori di valutazione è molto importante sapere che i valori di riferimento dei linfociti variano sostanzialmente in base all’età e che – nel bambino al di sotto dei 12 anni – anche un valore fino ad 8000/microL, può non essere patologico.

L’emocromo tuttavia va valutato nel suo insieme e, in caso di uno o più valori alterati, è essenziale il parere di un ematologo.

Qual’è la funzione dei linfociti?

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I linfociti circolano tra il sangue e gli organi linfatici (linfonodi, milza, midollo osseo, tonsille) e operano all’interno del nostro sistema immunitario difendendoci dagli agenti infettivi.

Distinguiamo le due grandi categorie dei B linfociti e dei T linfociti, a loro volta divisi in sottocategorie.

  • I B linfociti espongono sulla membrana cellulare moltissimi recettori in grado di legarsi agli agenti estranei (batteri, microrganismi, virus) verso i quali poi producono gli anticorpi in grado di neutralizzarli. Dopo il primo contatto con gli agenti infettivi, i  linfociti B mantengono la memoria immunologica di questo contatto in modo che, ad una esposizione successiva, la risposta anticorpale sarà ancora più veloce e massiccia.
  • I T linfociti citotossici, mediante i loro recettori, captano e distruggono le cellule infettate da virus e batteri e le cellule tumorali.
  • I T linfociti helper identificano le cellule infette e le cellule tumorali e le presentano ai linfociti B e ai linfociti T citotossici affinché questi possano metterne in atto la distruzione e la successiva eliminazione da parte dei macrofagi (cellule ‘spazzino’).
  • I linfociti natural killer sono di per sé in grado di uccidere le cellule bersaglio (virus, cellule tumorali) e la loro azione è potenziata dalle citochine prodotte dalle altre cellule del sistema immunitario.

L’esame cosiddetto Tipizzazione Linfocitaria quantifica le diverse sottopopolazioni linfocitarie (B, T helper, T citotossici, Natural Killer) ma la sua interpretazione, anche in funzione della sintomatologia clinica, va lasciata all’ematologo.

Quali sono le cause dei linfociti alti?

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Fondamentalmente riconosciamo le cause infettive e quelle non infettive.

Tra le diverse cause infettive le infezioni virali sono le più comuni: la mononucleosi infettiva, ma anche l’infezione da cytomegalovirus (CMV), la parotite, la rosolia, il morbillo, l’influenza e altri virus. Tra le malattie infettive non virali ricordiamo la pertosse e la tubercolosi.

Per quanto riguarda le cause non infettive ricordiamo la linfocitosi policlonale dei forti fumatori, le linfocitosi monoclonali, la leucemia linfatica cronica, la leucemia LGL (large granular lymphocyte leukemia), i linfomi, la leucemia linfoblastica acuta.

Data la complessità clinica, è essenziale la valutazione dell’ematologo che comprenderà l’anamnesi, l’esame obiettivo e un’ampia serie di misurazioni. Anche eventualmente con metodi molecolari e citofluorimetrici.

Quando preoccuparsi per i linfociti alti?

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Un aumento dei linfociti (linfocitosi) può essere transitorio e benigno, come durante un’infezione virale, ma diventa un campanello d’allarme quando persiste nel tempo o si accompagna ad altri sintomi come:

In questi casi è necessario consultare il medico. Una linfocitosi cronica può indicare patologie ematologiche più complesse, come leucemie o linfomi. Un semplice emocromo non è quindi sufficiente: servono controlli mirati per chiarirne la causa.

Quali tumori alzano i linfociti?

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Alcuni tumori ematologici sono associati a un aumento anomalo dei linfociti nel sangue. Le forme più comuni sono la leucemia linfatica cronica (LLC) e la leucemia linfoblastica acuta (LLA), che colpiscono rispettivamente adulti e bambini. In entrambe queste forme di leucemia si evidenza già con l’emocromo una proliferazione incontrollata di linfociti.

Anche i linfomi non-Hodgkin, come il linfoma linfocitico o il linfoma follicolare, possono determinare linfocitosi, soprattutto se si diffondono nel sangue.

La presenza persistente di linfociti alti, soprattutto se associata a sintomi sistemici, richiede una valutazione ematologica. Un’ulteriore indagine può escludere o confermare una neoplasia come causa. Intervenire precocemente migliora notevolmente la prognosi, per questo è importante non sottovalutare il segnale.

Quali sono i sintomi della linfocitosi?

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Non esistono sintomi specifici.  Dalla asintomaticità si può arrivare, a seconda della causa, ad una varietà di sintomi associati alla patologia che l’ha determinata.

Quali esami possono essere prescritti in caso di linfocitosi?

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In caso di linfocitosi, il primo passo è ripetere l’emocromo con formula leucocitaria, per confermare l’anomalia e capire quali sottotipi cellulari sono coinvolti.

Se la linfocitosi persiste, il medico può prescrivere esami quali:

  • striscio periferico, per valutare la morfologia dei linfociti.
  • dosaggio LDH, per identificare eventuale attività anomala delle cellule
  • Immunofenotipo su sangue periferico, fondamentale per distinguere tra linfocitosi reattiva, dovuta per esempio a infezione) e linfocitosi neoplastica, presente in caso di leucemia
  • elettroforesi sierica, per indagare eventuali alterazioni delle proteine plasmatiche.
  • biopsia linfonodale o midollare, se si sospettano forme tumorali.
  • esami virologici (EBV, CMV, HIV), per escludere infezioni croniche.

Può essere utile anche la TAC total body per cercare linfonodi ingrossati o rilevare la presenza di masse. La scelta degli esami dipende dal quadro clinico complessivo, dalla durata della linfocitosi e dai sintomi associati riferiti in sede di anamnesi.

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Prevenzione per la linfocitosi

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Non è possibile prevenire la linfocitosi, dal momento molte cause sono legate a infezioni acute o malattie ematologiche non prevedibili. Esistono alcune scelte che aiutano a ridurre il rischio di squilibri del sistema immunitario:

  • seguire uno stile di vita sano, fatto di alimentazione equilibrata, attività fisica regolare e sonno adeguato, contribuisce a mantenere efficiente la risposta immunitaria
  • evitare il fumo e limitare l’alcol riduce l’infiammazione cronica e lo stress ossidativo
  • eseguire controlli medici periodici, soprattutto in presenza di familiarità per patologie ematologiche, può favorire una diagnosi precoce.

Anche vaccinarsi contro virus come l’epatite B o l’HPV può prevenire infezioni croniche che nel tempo potrebbero alterare la conta linfocitaria.