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Pubblicato inPatologie

Listeriosi: cos’è e come curarla

La listeriosi è un’infezione batterica causata dalla Listeria monocytogenes, che può comportare sintomi simil-influenzali o anche complicanze gravi in persone immunocompromesse

Cos’è la listeriosi?

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La listeriosi è un’infezione causata dal batterio Listeria monocytogenes, che si trova solitamente nell’acqua e nel terreno, motivo per il quale può contaminare in molti casi cibi come le verdure o gli ortaggi. Il batterio può essere trasmesso anche all’uomo e agli animali i quali, nonostante vengano contagiati, possono anche non manifestare alcun sintomo dell’infezione.

La listeriosi, secondo quanto riporta l’Istituto superiore di sanità, è una delle patologie provocate dagli alimenti meno frequenti, soprattutto confrontandola con la salmonellosi, ad esempio. Tuttavia, fa registrare tra i più alti tassi di mortalità e ospedalizzazione all’interno del gruppo delle zoonosi, ossia l’insieme delle infezioni che possono essere trasmesse dagli animali all’uomo.

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Forme di listeriosi

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Si danno due forme di listeriosi:

  • forma non invasiva (gastroenterite febbrile listeriale): si manifesta dopo un tempo breve dall’ingestione di cibo contaminato; l’incubazione media è di 24 ore. È una forma lieve della malattia e colpisce i soggetti sani e immunocompetenti. Si manifesta nel giro di poche ore dall’ingestione ed è in genere autolimitante nei soggetti sani
  • forma invasiva o sistemica: si può manifestare come meningite, meningoencefalite e sepsi. Questa forma è dovuta alla diffusione dell’infezione dal tessuto intestinale ad altri distretti del corpo, come cuore, utero, Sistema Nervoso Centrale. I sintomi cambiano in base all’organo o al distretto colpito.

Cosa provoca la listeriosi?

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Come accennato, il batterio che provoca la listeriosi è particolarmente diffuso nell’ambiente. Può essere trasmesso sia agli animali sia agli uomini attraverso le feci e manifestarsi anche in forma asintomatica. Il contagio può avvenire anche tramite il consumo di alimenti contaminati. I cibi possono essere contaminati in qualsiasi momento della catena di produzione e trattamento.

La Listeria monocytogenes, però, è sensibile al calore, per cui risultano maggiormente a rischio di contaminazione gli alimenti crudi (carni crude, pesce crudo o verdura cruda) o quelli che vengono contaminati durante affettamento, porzionatura e confezionamento dopo essere stati trattati (ad esempio dopo la pastorizzazione, l’affumicatura o la cottura).

Questo batterio, inoltre, è in grado di moltiplicarsi anche a temperature basse, intorno ai 4 gradi. Ciò fa sì che risultino più a rischio tutti quei cibi che sono pronti al consumo, senza necessità di essere cotti o riscaldati. Il batterio, infatti, potrebbe proliferare durante la conservazione in frigo fino a raggiungere livelli pericolosi per la salute.

Oltre al calore, anche alcune caratteristiche fisiche e chimiche dei cibi possono ostacolare la moltiplicazione del batterio della listeria, come ad esempio la secchezza o l’acidità. In questo senso, risultano meno a rischio gli alimenti stagionati (salumi e formaggi) rispetto ai formaggi freschi, che invece sono più umidi e favoriscono la proliferazione del batterio.

In quali alimenti si trova la Listeria?

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La Listeria può contaminare diversi tipi di alimenti. Gli alimenti più a rischio sono:

  • pesce crudo e affumicato, come ad esempio salmone, trota
  • carni e affettati pronti come hot dog, salumi e paté refrigerati
  • formaggi freschi, molli o erborinati, in particolare quelli non pastorizzati
  • latte non pastorizzato e derivati
  • verdure e frutta pronte da consumare senza cottura.

È importante sottolineare che la Listeria può proliferare anche a temperatura di frigorifero (circa 4 °C). Per questa ragione gli alimenti pronti consumati senza cottura possono costituire un pericolo, in particolare per donne in gravidanza, anziani e persone con sistema immunitario compromesso.

Come capire se si ha la listeriosi: sintomi

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La listeriosi, nella maggior parte dei casi, si sviluppa in forma lieve. La sintomatologia è molto simile a quella di un’influenza – malessere generale e dolori muscolari – e si risolve senza la necessità di effettuare particolari trattamenti nel giro di pochi giorni.

Nei pazienti che, invece, hanno un sistema immunitario compromesso – come accade ad esempio nelle persone immunodepresse, affette da Hiv o negli anziani – l’infezione può comportare conseguenze più severe. Ciò accade perché, dall’intestino, si diffonde in altre aree dell’organismo causando complicanze gravi. Si parla, in questi casi, di listeriosi invasiva.

Le possibili conseguenze di questa forma di infezione sono:

L’infezione può colpire anche le donne in gravidanza, ma è pericolosa soprattutto per il feto, che può essere contagiato attraverso la placenta e andare incontro a gravi complicanze quali parto prematuro, aborto o morte fetale. I rischi riguardano anche il primo mese di vita del neonato, a rischio di contrarre meningite, meningoencefalite o di sviluppare una setticemia.

La listeriosi in gravidanza

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Come detto, l’infezione da Listeria monocytogenes può colpire le donne nel corso di una gravidanza e il feto. La diagnosi può avvenire effettuando gli esami del sangue o tramite l’analisi e il trattamento di un campione prelevato dal liquido amniotico, che viene messo in coltura e può dar luogo allo sviluppo del batterio.

Il ginecologo è sempre lo specialista di riferimento nel caso in cui si abbia il sospetto di aver contratto l’infezione. Il tempo di incubazione è molto variabile e può andare da 72 ore a diverse settimane.

Fondamentale risulta la prevenzione che passa da una serie di buoni comportamenti da seguire durante la gestazione, in particolare, evidentemente, per ciò che riguarda l’alimentazione. Bisogna assolutamente evitare cibi crudi, non pastorizzati (latte non pastorizzato), affumicati o formaggi freschi e a pasta morbida.

Non è raccomandabile consumare alimenti che non siano stati controllati durante preparazione e conservazione: cibi precotti, preconfezionati, conservati a lungo in frigo (il batterio della listeriosi si moltiplica a basse temperature), verdure non lavate e frutta con la buccia.

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Come si uccide il batterio della Listeria?

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Il calore è il metodo più efficace per eliminare la Listeria: riscaldare i cibi a circa 74 °C internamente è sufficiente a garantirne la distruzione.

Per una prevenzione efficace è essenziale adottare queste pratiche:

  • consumare solo prodotti lattiero-caseari pastorizzati ed evitare latticini non trattati termicamente
  • riscaldare affettati, hot dog e salumi fino a quando siano bollenti. Quindi ad una temperatura di almeno 74 °C
  • mantenere il frigorifero ad una temperatura uguale o inferiore 4 °C e il freezer ad almeno –18 °C. La pulizia regolare è altrettanto raccomandata
  • lavare accuratamente mani, utensili e superfici dopo aver gestito alimenti crudi
  • sciacquare frutta e verdura sotto acqua corrente, utilizzando spazzole per superfici ruvide
  • consumare nel più breve tempo possibile i cibi pronti o refrigerati, seguendo con attenzione le date di scadenza.

Queste linee guida seguono le cinque chiavi OMS: pulizia, separazione, cottura, mantenimento della temperatura e utilizzo di acqua sicura.

Diagnosi e cura di listeriosi

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La diagnosi di listeriosi nella forma invasiva può essere effettuata tramite:

  • coltura del sangue, ovvero con l’isolamento del batterio da emocoltura
  • esame colturale, ovvero con l’isolamento del batterio dal liquido cerebrospinale.

Per diagnosticare la patologia nel feto si può prelevare il liquido amniotico. Per una diagnosi più rapida di tutte le forme di listeriosi, si può ricorrere alle tecniche molecolari.

La terapia primaria per la listeriosi è rappresentata dall’associazione di antibiotici della famiglia dei beta-lattamici, come ampicillina, penicillina e amoxicillina, ad un aminoglucoside, per esempio la gentamicina.

Per la maggior parte delle infezioni da Listeria, come l’endocardite e la meningite, si somministrano in vena gli antibiotici ampicillina e gentamicina. Nelle donne in gravidanza, è raccomandato un ciclo di due settimane di ampicillina.