La serie Tv Adolescence: una lettura psicologica a cura dell’èquipe adolescenti del Santagostino

Adolescence racconta con forza emotiva la fragilità e la violenza adolescenziale attraverso la storia di Jamie, 13enne accusato di omicidio. Un viaggio narrativo che interroga famiglia, scuola e società sulla responsabilità condivisa nella crescita dei giovani.

La serie Tv Adolescence: una lettura psicologica a cura dell’èquipe adolescenti del Santagostino

A cura di Alessia Bajoni e Mario Venerandi

con la collaborazione di Elena Saporiti, Gigliola Gigli, Elisa Chiara Gradi

(Psicoterapeute del Servizio specialistico per adolescenti del Santagostino).

La serie Tv di Netflix Adolescence comunica emozioni, pensieri, riflessioni in maniera diretta come se fosse ‘un colpo in pancia’, senza mediazioni. La sua forza e bellezza risiede nella sua capacità di narrare una storia portando lo spettatore nel ‘qui e ora’, nel flusso di emozioni e dei protagonisti, facendo vivere esattamente a chi guarda l’intensità dei fatti dal punto di vista dell’adolescente, della sua famiglia, del suo contesto attraverso l’utilizzo del piano in sequenza. 

Comprendere la violenza

È fondamentale per una lettura completa e complessa della serie Adolescence contestualizzarla all’interno della cornice da cui parte l’idea originaria degli autori: narrare e tentare di comprendere la violenza.

Quale violenza? 

Quella sempre più frequente che riguarda adolescenti, come autori e vittime. Violenza e aggressività sempre più frequenti nelle città italiane, europee e americane: si parla dopo il periodo pandemico di dati allarmanti legate alle aggressioni ‘con il coltello’ pari a una percentuale tra il 44% e il 55% nelle città principali italiane e a un aumento del 36% delle morti per accoltellamento in Gran Bretagna, per lo più giovani uomini tra i 18 e i 24 anni.

Adolescence cerca risposte a questa forma di violenza a partire dalla storia di Jamie, un adolescente di 13 anni, che viene arrestato con l’accusa di omicidio di una compagna di scuola. Cerca risposte o ipotesi attraverso 4 episodi che possono essere riletti come quattro elementi di un puzzle che si compone sotto il nostro sguardo.

Comprendere la violenza in fase adolescenziale richiede un pensiero che integra, che indaga, che ascolta e che accetta anche di non sapere fino in fondo il perché, che accetta l’incertezza e uno stato di incomprensibilità della mente.

Il regista Philip Barantini di Adolescence riesce a portare lo spettatore esattamente in questo atteggiamento mentale, ovvero spiega senza saturare, emoziona chiedendo di sospendere giudizio e pensieri, attraversa l’incertezza e il vuoto di pensiero, vissuto dagli adolescenti e dagli adulti senza comprenderlo appieno.

Quattro letture possibili della serie

L’èquipe adolescenti del Santagostino ha individuato 4 vertici di lettura e osservazione della narrazione dell’agito violento presente in Adolescence, vertici che si integrano, completano senza pretendere di avere una visione definitiva del fenomeno ‘violento’.

La lettura soggettiva

Il vertice interiore e soggettivo (presente nell’ 1 Episodio e nel 3 Episodio) ripercorre lo stato di dissociazione che Jamie prova (e in generale di un ragazzo adolescente che può provare dopo un tale agito), derivante da uno stato di coscienza alterato e frammentato dopo un atto omicida: si alternano l’immagine del corpo e della voce di un ragazzino ancora con tratti infantili all’essere trattato come un adulto incarcerato, che sa e ‘si pensa sappia’ assumersi responsabilità prima impensate. 

L’atto violento risiede nella velocità, nell’accelerazione, nell’impossibilità di pensare la crescita. La dissociazione emotiva è evidente nella frammentazione narrativa in cui si alternano immagini di adulti, loro stessi incapaci di dare un nome a quello che sta accadendo, che fanno fatica a dare spazio alle emozioni e il bisogno di attenersi a regole e protocolli che fungano da muri. 

La dissociazione emotiva è evidente nella scissione tra il protagonista che sembra ancora bambino e disorientato e la narrazione dei fatti, nella scissione tra le parole e il pianto disperato ma anche liberatorio dopo il video, testimonianza dei fatti. 

L’aggressività e la verità sembrano liberare il protagonista e i suoi interlocutori da una sorta di Falso Sé, che stringe, comprime e deprime. 

L’immagine del puzzle piano piano si compone, si mettono insieme i racconti che emergono nei vari episodi. 

La costruzione dell’identità che avviene in adolescenza attraverso un lavoro di mentalizzazione e integrazione, cognitiva, affettiva, di nuovi impulsi provenienti dal proprio corpo, da cambiamenti relazionali che trasformano il contesto di vita del giovane, può essere anche un percorso a ostacoli. 

Di nuovo ci troviamo di fronte a un cambio di prospettiva: si passa dal linguaggio degli adulti ‘omicidio’ al linguaggio dei coetanei, che cambiano il significato dell’evento in ‘bullismo, incel, 80-20’. Il significato dell’atto non deve essere cercato nel vocabolario dei grandi, ma in quello degli adolescenti, che sembra percorrere altri binari, purtroppo sconosciuti agli adulti. Ed ecco che torna il bisogno di spostare la significazione del discontrollo sull’impulso violento e aggressivo agito a delle emozioni non integrate, quelle dell’umiliazione, dell’esclusione, della vergogna, dell’impotenza, del senso di annichilimento di Sè, di un nome dato dall’esterno (incel) senza che ci fosse un riconoscimento dell’appartenenza. 

‘Non puoi capire il perché, scordatelo!’, dicono gli studenti, ex compagni di Jamie dello stesso Istituto scolastico. La violenza non è solo nell’atto, ma in emozioni disconosciute da tutte, dagli adulti, ma in primis da Jamie, che appaiono dai dialoghi, dall’ importanza della relazione padre e figlio nella serie, centrali nella strutturazione dell’identità maschile. 

Nel colloquio di valutazione con la Psicologa emerge sempre di più come ci sia un fil rouge tra padre e figlio in aspetti traumatici non pensati, non comunicati , non condivisi e che dunque si ripetono in maniera inconscia, in maniera transgenerazionale, in maniera ‘incorporata’, ovvero sono presenti nel corpo e vengono agiti. L’aspetto traumatico sembra sempre più delinearsi in una violenza subita dal padre (da parte del nonno di Jamie), in una fragilità emotiva nel rispondere alle umiliazioni, nell’integrare aspetti affettivi, sessuali e di dipendenza passiva. Jamie perde il controllo quando la Psicologa attiva, intenzionalmente, degli aspetti di vicinanza affettiva ad altri di controllo/potere che Jamie non riesce a integrare, e quindi agisce con rabbia e impulsività: contemporaneamente Jamie si apre e aggredisce, ma anche riconosce ‘che vorrebbe piacere all’altro e che non vorrebbe perderlo’.

È nella mancata integrazione del ‘codice paterno (affettivo ma anche normativo) con il codice virile’ (aggressivo e potente) che si produce la violenza, come se fosse mancata la possibilità per Jamie di identificarsi e interiorizzare altre modalità di essere ‘uomo’.

Sullo sfondo rimane un grosso vuoto legato alla figura femminile (materna) e alla difficoltà di integrare ruoli diversi nella propria crescita e formazione, con diverse funzioni nella varie fasi della vita. 

Nell’ultimo episodio la frase ‘ho deciso di cambiare la mia dichiarazione, ho deciso di dichiararmi colpevole’ libera Sé e gli altri da un segreto, è per certi versi la vera individuazione di Jamie, che può dire a tutti di ‘ non essere come gli altri (il padre che l’avrebbe voluto sportivo e forte, le ragazze sfigato, incel, i coetanei ‘deviato’), avrebbero voluto che fosse. E’ un’ affermazione di colpa che però, come spesso capita in adolescenza, consente di dire no e di aprire con più coraggio alla responsabilità su ciò che si è. 

Il punto di vista genitoriale

Il vertice genitoriale attraversa tutta la serie Tv attraverso varie figure adulte, il padre e la madre di Jamie, il poliziotto e la poliziotta. 

La serie “Adolescence” è una lente di ingrandimento che porta a riflettere su come la società abbia sempre più bisogno di organizzarsi per  sostenere  i genitori in situazioni familiari a rischio. Ma in generale, di sostenere i genitori in una fase speciale della vita nella quale la crescita mette in movimento tutto il sistema di riferimento: il corpo che cambia continuamente, il bisogno di affettività, della scoperta dell’altro, dell’amicizia, della solidarietà,  di capire la propria sessualità, di imparare l’indipendenza da casa,  di gestire la realtà complessa con la responsabilità delle diverse scelte, la gestione del rischio e del pericolo:  tante salite e tante discese che creano crisi necessarie da vivere come opportunità. 

I genitori  hanno bisogno di mettere in sicurezza i propri figli con la loro presenza di fiducia e accompagnamento, con una cura attenta e affettuosa, cogliendo i momenti di frustrazione per aiutare i figli a gestire i propri limiti evitando la violenza e l’abuso. La sfida per loro è saper generare un equilibrio solidale fra competenza e umanità, che rafforzi i legami e trasmetta la capacità di affrontare più serenamente l’ignoto. 

Nei vari episodi si evidenzia sempre di più la fatica dei genitori di colmare i propri vuoti emotivi con un pensiero che possa dare degli strumenti emotivi ai propri figli adolescenti: la fatica risiede proprio nel pensare e nominare le proprie mancanze, quelle del padre di avere un modello paterno che possa coniugare rispetto e affetto, quelle materne (non centrali nel racconto, ma forse è questo il problema..) nell’integrare aspetti di sensibilità e protezione laddove il padre faceva fatica. Permane l’errore della ‘delega ‘, iniziale, nominata dal Poliziotto e ripetuta anche dai genitori di Jamie. L’errore risiede nel delegare all’altro compiti di crescita del figlio, che necessitano un lavoro di pensiero, integrazione e mediazione congiunto.

“Avremmo dovuto fare di meglio”, frase finale di Adolescence, pensiamo si riferisca esattamente a questo: al ripetere, evitare e negare emozioni fondamentali e condivise nella storia dei figli e dei genitori, quando erano anche loro adolescenti, nel non integrare l’Altro dentro di sè e la relazione.

Il punto di osservazione scolastico

Il vertice scolastico è un vertice fondamentale, per chi come noi Psicoterapeuti lavoriamo ogni giorno con gli adolescenti e i genitori degli adolescenti, e va considerato in ogni percorso di cura e crescita di ogni adolescente.

Il contesto scolastico in cui i poliziotti entrano per raccogliere indizi e prove non solo non ha un ‘buon odore’, ma appare un contesto in cui si è perso il senso, il significato e il valore di cosa significa educare. 

Gli adulti insegnanti sembrano disorientati, aver perso una funzione di contenimento e di riferimento: le regole appaiono invertite e il ‘prendere in giro’ fa perdere il senso del valore e l’importanza delle comunicazioni. Scompare il ruolo dell’insegnante come anche primo interlocutore del disagio emotivo, dell’insegnante che viene stimato come modello di sapere e relazione, mancano gli ideali che aiutano gli adolescenti nell’apprendimento delle regole con gli aspetti affettivi e la realizzazione di sè. Sembra un mondo all’incontrario, con ruoli invertiti, in cui gli adulti confusi e disorientati sono guidati dagli adolescenti nella ripetizione aggressiva, nella costruzione di una identità che si adatta a una richiesta implicita o ‘sei bullo o sei bullizzato’.

Si apre dunque tutto il bisogno di curare l’adolescente a rischio di agiti aggressivi (etero o auto indotti) a partire da tutti i contesti sociali ed educativi, che frequenta e in cui cresce a partire dal ristabilire delle relazioni con adulti che sappiano essere di riferimento nel dare un nome a emozioni complesse e dunque ristabilire ‘un ordine di senso’ in relazioni tra coetanei, che sembrano assumere un ruolo onnipotente di bastare a se stessi, escludendo dunque gli adulti, come se tutti fossero abbandonati a se stessi.

Riteniamo come equipe specialistica per adolescenti che il primo passo per gli adolescenti per prendersi cura di sé proteggersi dal rischio di mettersi in situazioni pericolose (per sé e per gli altri) è cercare aiuto con segnali, forme di comunicazione (anche implicite) ma soprattutto risiede nel trovare degli adulti in grado di ascoltarli, dare un nome a ciò che loro non riescono a nominare e non sminuire o svalutare le loro richieste.

Il punto di vista sociale

Il vertice sociale infine deve tenere conto, a nostro parere, della comunità sociale allargata, data dal contesto, la cultura di un luogo, la popolazione che vi abita. 

Nella serie Tv Adolescence la narrazione non può non avere come sfondo e cornice ulteriore di lettura, il contesto inglese, con la sua ormai nota scissione tra l’apparente formalità e il bisogno di nascondere malessere, fragilità, follia. In tale contesto la violenza, sulla scia di film e registi dello stesso contesto (ad esempio Ken Loach) è un evidente antidoto, dal ‘gusto e odore onnipotente’, alla depressione del contesto sociale, depressione non economica, ma emotiva e radicata nella scissione e frammentazione di aspetti emotivi e di un contesto sociale che sembra non consentirne un’espressione autentica.

Adolescence dunque apre a diverse letture sul fenomeno della violenza giovanile, evidenzia segnali di allarme e rischio e, a nostro parere, invita a pensare ai giovani in maniera complessa, emotiva, vicina e collettiva.