Cosa dire allo psicologo, di cosa parlare e di cosa non parlare?
Sono domande che spesso il paziente si pone, molto probabilmente quando svolge una seduta dallo psicologo per la prima volta in assoluto o magari ha iniziato un percorso psicologico da poco, e non ha ancora avuto modo di sentirsi del tutto a proprio agio.
Quando ci si rivolge a uno psicologo può essere complesso aprirsi e condividere pensieri, emozioni, timori. Eppure il proprio psicologo è un alleato sicuro, per prendersi cura di sé, professionalmente formato, vincolato al segreto professionale e, soprattutto, in grado di aiutare il paziente a elaborare il proprio vissuto interiore per ritrovare la propria salute mentale e il proprio benessere psicologico.
La dottoressa Chiara Paterlini, psicologa e psicoterapeuta del Santagostino, spiega quali possono essere i dubbi di chi va dallo psicologo nelle primissime sedute, cosa raccontare e, soprattutto, quale può essere un approccio che aiuti paziente e psicologo nella costruzione di un rapporto di fiducia.
Cosa si può dire ad uno psicologo?
Alcuni pazienti possono essere intimoriti o incerti di fronte a uno psicologo. Bisogna quindi subito affermare in modo semplice e diretto: in seduta si può raccontare tutto. La psicoterapia rappresenta infatti contesto privo di giudizio e accogliente rispetto alle narrazioni delle persone. È un contesto privilegiato in cui poter esprimere emozioni, pensieri e desideri, che insieme allo psicologo verranno accolti ed elaborati.
È tuttavia comprensibile che nell’avvio di un percorso psicologico ci siano dubbi o timori. Anche se si è consapevoli di aver bisogno di aiuto, aprirsi completamente richiede tempo e fiducia. Uno dei primi ostacoli è la paura del giudizio, ovvero il timore che il professionista possa pensare qualsiasi cosa di ciò che si racconta, anche se in realtà il suo ruolo è proprio quello di ascoltare senza pregiudizi. C’è poi la vergogna, specialmente quando si toccano aspetti della propria vita che si considerano imbarazzanti o inaccettabili, o chiusi nella esclusiva sfera del privato.
A volte può subentrare la paura di non essere capiti o di non riuscire a spiegarsi bene, come se le parole non fossero sufficienti per esprimere il proprio vissuto. Altri pazienti possono temere di mostrarsi vulnerabili, come se ammettere una difficoltà significasse essere deboli. Ancora, c’è chi ha paura di scavare troppo in profondità, temendo che affrontare certi argomenti possa far emergere emozioni troppo dolorose e forse poco gestibili. Tutti questi timori sono comprensibili e legittimi, ed è proprio il tempo e il dialogo con lo psicologo a renderli meno ingombranti.
Cosa raccontare a uno psicologo?
Talvolta si pensa di doversi preparare per la seduta con lo psicologo; al contrario, è importante poterla svolgere con tranquillità. Non c’è bisogno di avere un discorso pronto o di sapere esattamente cosa dire: il percorso terapeutico è un viaggio che si costruisce passo dopo passo. Se emergono difficoltà nel parlare di sé, è fondamentale affrontarle insieme allo psicologo e comprenderne il significato sottostante.
Ricordiamo sempre che, se anche si avesse la paura o la sensazione di non avere nulla da dire, lo psicologo è accanto al paziente per aiutarlo a raccontarsi, in un contesto sempre protetto dal segreto professionale.
È naturale sentire inizialmente un senso di imbarazzo o insicurezza, temere di non essere compresi o di non riuscire a esprimere le proprie emozioni nel modo giusto. Ma è proprio attraverso il dialogo che anche le parole più difficili, e i vissuti veicolati, trovano la loro strada. Certo, a volte ci si può sentire bloccati per paura di affrontare ricordi dolorosi o emozioni scomode, oppure per la preoccupazione che parlare di certe cose le renda ancora più reali.
In ogni caso, la terapia è uno spazio sicuro, uno spazio nel quale ogni pensiero può essere accolto senza fretta né pressione. Anche il silenzio può avere un significato e aiutare a dare forma a ciò che ancora non si riesce a esprimere. L’importante è ricordare che ogni passo, anche il più piccolo, è un passo verso la comprensione di sé.
Quali sono le domande che fa uno psicologo?
All’inizio di una terapia lo psicologo pone alcune domande fondamentali riguardanti la problematica attuale che porta la persona nello studio del clinico e la storia di vita. Ciò serve a comprendere il funzionamento della persona e proporre il percorso terapeutico che abbia più senso per quella persona, con quella domanda, con quelle caratteristiche e in quella fase del ciclo di vita.
Nel corso della terapia, le domande poste riguarderanno le emozioni, i pensieri, i comportamenti. “Cos’ha provato? Come l’ha fatta sentire quella circostanza? Cos’ha fatto?”, sono solo alcuni esempi. Talvolta non si fanno domande ma si restituisce qualcosa, interventi che rimandano al paziente i suoi vissuti se non espressi direttamente e che trasmettono un messaggio fondamentale, che lo psicologo si mette nei panni del paziente, che accoglie tutto quello che viene raccontato e che è in ascolto empatico con parti talvolta inconsce.
Cosa dire allo psicologo la prima volta?
Alcune persone arrivano a una prima seduta psicologica con un po’ di apprensione, che possiamo ricollegare da un lato al non conoscere il contesto terapeutico e dall’altro a sentimenti di imbarazzo nel raccontarsi a un estraneo. Attraverso il primo colloquio lo psicologo accoglie la domanda della persona con lo scopo di ipotizzare il funzionamento psicologico e condividere gli obiettivi terapeutici.
La prima seduta è condotta ponendo domande che approfondiscano il motivo, la motivazione e le aspettative rispetto al percorso terapeutico, nonché la storia di vita della persona. A un primo contatto è fondamentale creare un contesto relazionale non giudicante, di ascolto fatto di empatia e di alleanza, aspetti che si consolideranno nel corso dell’intero percorso di cura.
L’obiettivo primario è quello di iniziare a conoscersi: lo psicologo conoscerà la persona e il problema che l’ha spinto a chiedere un percorso, la persona capirà se quel professionista va bene per lui e per il suo percorso. Questo passaggio è indispensabile, poiché il paziente arriva in terapia per stare meglio, e ciò non può prescindere dalla relazione terapeutica. L’obiettivo dello psicologo è quello di accogliere anche queste informazioni, tutelando sempre chi ha di fronte.
(3 Giugno 2025)