- Qual è il significato di dischezia?
- Quali sono le cause della dischezia?
- Dischezia nel neonato
- Come si cura la dischezia?
- Quali sono le conseguenze dell’incapacità a defecare?
Qual è il significato di dischezia?
↑ topLa dischezia è un disturbo funzionale della defecazione che si manifesta con difficoltà o dolore all’evacuazione, nonostante la presenza di feci nel retto e l’urgenza di svuotare l’intestino. Chi soffre di dischezia spesso riferisce una sensazione di blocco rettale, accompagnata da prolungati sforzi inefficaci.
Il termine deriva dal greco dys (difficoltà) e chezia (defecazione), e indica una disfunzione della coordinazione tra i muscoli del pavimento pelvico e gli sfinteri anali. A causa di questa mancata sinergia, le feci non riescono ad attraversare il canale anale, anche se sono presenti e di consistenza normale.
Questo disturbo può interessare adulti, anziani e neonati, ma con dinamiche diverse.
Nell’adulto, la dischezia può avere un’origine neurologica, infiammatoria o anatomica. Nel caso dei più piccoli, si parla di dischezia del neonato, una condizione transitoria legata all’immaturità del sistema nervoso e muscolare che regola l’evacuazione.
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Differenza tra dischezia e stipsi
↑ topSebbene spesso confuse, dischezia e stipsi non sono la stessa cosa. Entrambe comportano una difficoltà nell’evacuazione, ma le loro cause e manifestazioni sono diverse.
La stipsi, conosciuta anche come stitichezza, è caratterizzata da un rallentato transito intestinale: le feci si formano lentamente, diventano dure e secche, e l’evacuazione avviene raramente. In questi casi, il problema è legato alla motilità intestinale o ad abitudini alimentari scorrette.
La dischezia, invece, non dipende dalla consistenza delle feci né dalla loro frequenza. Il soggetto sente lo stimolo a evacuare, ma non riesce a farlo in modo efficace a causa di una disfunzione nella fase espulsiva. Per questo motivo, anche quando le feci sono morbide o normali, l’evacuazione può essere lunga, faticosa o addirittura dolorosa. È come se il corpo volesse defecare, ma non riuscisse a farlo in modo coordinato.
Quali sono le cause della dischezia?
↑ topLe cause della dischezia variano in base all’età, allo stato di salute generale e alla presenza di eventuali patologie. In linea generale, il disturbo è legato a una mancanza di coordinazione tra il retto, gli sfinteri e il pavimento pelvico, che impedisce una corretta espulsione delle feci.
Negli adulti, le cause possono essere spesso associate a condizioni mediche specifiche. Una delle più comuni è l’endometriosi intestinale, una forma di endometriosi che coinvolge il retto e che può causare dolore e ostacoli meccanici alla defecazione.
Altre possibili cause includono:
- patologie neurologiche come il morbo di Parkinson, l’ictus o la sclerosi multipla, che interferiscono con i riflessi nervosi che regolano il processo defecatorio
- alterazioni anatomiche: ragadi anali, prolassi rettali, tumori del colon-retto)
- processi infiammatori cronici quali la colite spastica o la sindrome dell’intestino irritabile.
In soggetti anziani o debilitati, la dischezia può derivare invece da una ridotta contrattilità del retto-sigma, legata a un generale indebolimento della muscolatura intestinale.
Dischezia nel neonato
↑ topNei neonati, la dischezia è solitamente causata da un’immaturità del sistema neuromuscolare che regola la defecazione. Si tratta di una condizione fisiologica e transitoria, che tende a risolversi spontaneamente nel giro di 2-3 mesi.
Non è una vera patologia ma, come indicato, un adattamento graduale dell’intestino alla vita extrauterina, influenzato anche dall’alimentazione con latte materno o artificiale, dalla posizione del corpo e dal ritmo di digestione. Per questo motivo si parla anche di dischezia del latte, per indicare le difficoltà evacuative che si osservano nei primi mesi, quando il latte rappresenta l’unico alimento del neonato.
Non vanno trascurati anche i casi di dischezia legati a fattori comportamentali o psicologici. I bambini più grandi possono sviluppare l’abitudine a trattenere le feci, spesso per paura del dolore durante l’evacuazione. Questo atteggiamento, se protratto nel tempo, può alterare i riflessi naturali e portare a una disfunzione cronica.
Come si cura la dischezia?
↑ topIl trattamento della dischezia dipende principalmente dalla causa scatenante e dall’età della persona coinvolta.
Nei neonati, la dischezia è una condizione fisiologica e temporanea, che non richiede cure farmacologiche né interventi invasivi. In questi casi, i rimedi sono semplici e mirati a supportare il piccolo nel processo di maturazione del riflesso evacuativo.
Tra le pratiche più comuni ci sono il massaggio addominale, l’uso di movimenti ciclici delle gambe (come se pedalasse) e, se necessario, la stimolazione delicata dell’ano con un sondino rettale lubrificato, sempre sotto consiglio del pediatra.
Negli adulti, in molti casi, si ricorre alla riabilitazione del pavimento pelvico che include esercizi di biofeedback, fisioterapia anale e tecniche di rilassamento muscolare.
Tra i rimedi farmacologici, si possono utilizzare lassativi osmotici, supposte di glicerina o clisteri in situazioni più ostinate, ma sempre sotto supervisione medica.
Se la causa della dischezia è neurologica o infettiva, è fondamentale intervenire sulla patologia di base. Nei casi di dischezia rettale causata da prolasso, stenosi anale o endometriosi del retto, si può valutare anche un approccio chirurgico.
Quanto può durare la dischezia?
↑ topNei neonati tende a risolversi spontaneamente entro le prime 8-12 settimane di vita. Durante questo periodo, il neonato potrebbe manifestare crisi di pianto, rossore in viso e sforzi intensi prima di evacuare, ma senza altri sintomi allarmanti.
Negli adulti, invece, la dischezia può diventare un disturbo persistente o cronico, soprattutto se non viene diagnosticata correttamente o se si trascurano le terapie riabilitative. La durata, in questi casi, è legata alla risposta al trattamento.
I pazienti che seguono con costanza la fisioterapia del pavimento pelvico o che trattano efficacemente eventuali cause sottostanti, possono ottenere miglioramenti già nel giro di poche settimane o mesi. In altri casi, la dischezia può cronicizzarsi e richiedere un monitoraggio a lungo termine, anche per prevenire complicazioni più serie.
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Quali sono le conseguenze dell’incapacità a defecare?
↑ topLa dischezia non trattata può portare a un progressivo accumulo di feci nel retto, con conseguente dilatazione dell’intestino, dolore addominale e senso costante di peso o pressione. In casi estremi, può svilupparsi un fecaloma, ovvero un agglomerato solido e compatto di feci che ostruisce completamente il canale rettale, richiedendo spesso un intervento medico o chirurgico.
Dal punto di vista anatomico, la spinta eccessiva e frequente può causare una progressiva disfunzione degli sfinteri, aumentando il rischio di incontinenza fecale.
Anche la sfera psicologica può risentirne: chi soffre di dischezia spesso vive con ansia anticipatoria legata all’evacuazione, sensazione di vergogna e frustrazione, che possono compromettere la qualità della vita, i rapporti sociali e persino la sfera lavorativa.