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Calcoli, cosa sono e come si curano


Con il termine calcolo si indica una concrezione di sali minerali, e di composti organici, che si differenziano per composizione, dimensione e numero. Lo specialista del Santagostino illustra i principali tipi di calcoli, le loro cause e le terapie.

Cosa sono i calcoli?

Per definizione, un calcolo è una concrezione di sali minerali e materiale organico che si forma dentro i dotti ghiandolari o in alcuni organi cavi. Il calcolo o, in termini tecnici, la litiasi, viene classificato a seconda dell’organo in cui va a formarsi, oppure in base alla composizione.

I principali tipi di calcoli possono essere, a titolo elencativo:

È ora possibile approfondirne alcuni, in termini più specifici, determinandone cause, diagnosi e terapie specifiche.

Litiasi urinaria

Detta anche calcolosi urinaria, calcolosi delle vie urinarie o calcoli renali, è una delle cause principali di accesso in Pronto Soccorso. È causata da calcoli che si localizzano a livello dell’apparato urinario o delle vie urinarie, che possono quindi interessare reni o ureteri.

Nel 70% dei casi si tratta di calcoli di ossalato di calcio o di fosfato di calcio. Le cause principali sono le cosiddette ipercalciurie idiopatiche, che si verificano quando il rene elimina più calcio del normale, attraverso le urine, senza una causa conclamata.

Raramente, la litiasi urinaria può essere secondaria ad una iperattivazione delle ghiandole paratiroidi, specialmente nelle donne intorno ai 50 anni, e si parla di iperparatiroidismo primario. Nel 15% i cristalli sono di acido urico, e la causa è normalmente da ricercarsi in diete ricche di carne e insaccati. In alcuni casi, compresi tra il 10% e il 15%, la causa è determinata da infezioni.

Sintomi e trattamento della litiasi urinaria

Nella colica renale, il dolore è lombo-addominale di tipo colico. Si irradia inferiormente nel percorso teorico dell’uretere omolaterale. Questo dolore può inoltre essere accompagnato da altri sintomi sistemici quali:

o sintomi locali quali:

  • ematuria, ovvero sangue nelle urine
  • disuria, dolore alla minzione
  • pollachiuria, aumento della frequenza della minzione.

Nonostante spesso la clinica sia suggestiva, occorre valutare la situazione con una tecnica di imaging medica. Normalmente il primo step è l’ecografia, mentre il gold standard per la diagnosi rimane la TAC dell’addome senza mezzo di contrasto.

Il trattamento dipende dalle dimensioni e dalla sintomatologia. Nella colica renale non complicata, il trattamento conservativo comprende antinfiammatori e, in casi selezionati, l’alcalinizzazione delle urine. Se il calcolo è sufficientemente piccolo, inferiore quindi ai 5 mm, e si trova già negli ureteri, può essere impostata una terapia medica espulsiva.

Negli altri casi può essere necessaria una litotrissia extracorporea ad onde d’urto, ESWL: il calcolo viene frammentato con onde d’urto per permetterne la naturale eliminazione.

Come evitare recidive

Per evitare le recidive, vi sono alcune misure generali come un apporto idrico adeguato, dato che è stata dimostrata una relazione inversamente proporzionale tra l’intake idrico e la formazione di calcoli, e modifiche della dieta anche in base al tipo di calcolo e alla causa.

L’Associazione Europea di Urologia ha pubblicato delle linee guida in merito alla litiasi urinaria.

Colelitiasi

O litiasi della colecisti. Si tratta di formazione di calcoli nella colecisti, organo normalmente adibito alla raccolta della bile prodotta dal fegato, o nelle vie biliari. La prevalenza è di circa il 10%, 20% nei soggetti con più di 40 anni.

In più del 90% dei casi si tratta di calcoli di colesterolo, dovuti soprattutto ad un intake eccessivo di grassi. Sono più comuni nelle donne a causa dell’assetto ormonale. Circa il 10% è definito come calcoli pigmentati, tendenzialmente dovuti a malattie epatiche o anemie emolitiche.

Può anche darsi l’eventualità di calcoli misti, dovuti ad infezioni.

Sintomi e trattamenti della colelitiasi

I sintomi della colica biliare sono dolore nel quadrante superiore destro dell’addome, che dura meno di 3, 6 ore, e che è di natura colica. Può irradiarsi a livello epigastrico, in corrispondenza dello stomaco, o al dorso. Il dolore può essere accompagnato da nausea e vomito.

Il trattamento in acuto è dato da farmaci antinfiammatori e antispastici, ma il trattamento definitivo sarà chirurgico con la colecistectomia, ovvero la rimozione della colecisti.

Se il calcolo biliare va ad occludere il dotto cistico, si sviluppa una condizione chiamata colecistite acuta. In questo caso, il dolore sarà più prolungato, irradiato alla scapola destra, e sarà accompagnato da nausea, vomito e febbre, oltre che alterazione degli esami di laboratorio.

In questo caso la terapia prevede il ricovero in ospedale, antibiotici ad ampio spettro in vena e la colecistectomia. A seconda delle caratteristiche del paziente, la colecistectomia può essere eseguita entro 10 giorni dalla diagnosi di colecistite acuta, oppure dopo 45 giorni dalla risoluzione.

La Japanese Society of Hepato-Biliary-Pancreatic Surgery ha rilasciato, per quanto riguarda la colelitiasi, delle linee guida.

Scialolitiasi

Formazione e presenza di calcoli nei dotti delle ghiandole salivari. La scialolitiasi è la causa principale di edema alle ghiandole parotidee submandibolari unilaterali. La composizione è molto varia, ma i principali componenti dei calcoli sono il calcio e il fosforo.

La formazione di questi calcoli è idiopatica. Si ritiene tuttavia che la maggior parte di essi sia dovuta all’accrescimento di microcalcoli formati nei dotti più piccoli, o sia originata da un accumulo di batteri e sostanze dal cavo orale.

La scialoadenite causa dolore e infiammazione unilaterali a livello della ghiandola coinvolta. Spesso i sintomi sono ricorrenti e avvengono durante i pasti. La ghiandola sottomandibolare risulta quella più colpita da questa patologia.

La terapia classica si basa, anche in questo caso, su antinfiammatori e antibiotici, con la speranza che il calcolo venga espulso da solo. In caso questo non fosse possibile, si procede all’intervento chirurgico di estrazione.