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La frattura del polso: tipologie e interventi

A cura di
Paolo Carlo
Prina

Quali sono le principali tipologie di frattura del polso? E in che modo si può intervenire, in base anche al tipo di danno che l'articolazione ha subito?

Come può essere definita una frattura del polso?

Le fratture del polso possono essere definite in prima battuta sul piano anatomico, e in seguito secondo un'ottica anatomo-patologica.

Anatomicamente, infatti, il polso è un complesso multiarticolare caratterizzato dalla presenza di diartrosi e sincondrosi: articolazioni con diversa costituzione anatomica e variabili libertà di movimento.

Le fratture più diffuse sono le fratture dell’epifisi distale del radio oppure del radio e dell'ulna. Fratture, queste ultimi, molto comuni sia nei bambini sia negli adulti, ancora più numerose nella terza/quarta decade di vita. 

Ognuna di queste fratture ha variabilità anatomopatologica diversa perché i bambini presentano fratture spesso extra-articolari e sottoperiostee.

Epifisi distale di radio e ulna

L’epifisi distale di radio e ulna è il complesso articolare più vicino alla mano, coinvolge la parte finale del radio e dell’ulna nelle loro caratteristiche di forma diversa: il radio più voluminoso e consistente, l’ulna più piccola e complessa.

La parte con cui queste due strutture si articolano è il carpo, due filiere di piccole ossa articolate fra loro con ridotta capacità di movimento individuale ma nel complesso più che importanti:

  • scafoide
  • semilunare
  • piramidale
  • pisiforme
  • trapezio
  • trapezoide
  • capitato
  • uncinato.

Fratture nei bambini

L’epifisi distale del radio nei bambini è ricoperta - come d’altra parte tutte le loro ossa - da una membrana adesa e consistente chiamata periostio.

Quando il bambino cade e si frattura un osso spesso il periostio, di per sé membrana elastica, resta intatto e segue il profilo della frattura senza rompersi. ecco perché la frattura si definisce sottoperiostea. Nell’adulto questa membrana si perde e la frattura non più contenuta dal periostio si può scomporre in modo più complesso.

Infatti nel bambino alle volte queste fratture sottoperiostee sono quasi difficili da vedere radiologicamente anche se la clinica, palpazione diretta del polso, causa un dolore evidente che definisce già di per sé la possibile frattura.

Questo non toglie che la scomposizione non possa essere importante, e tutto dipende dalla posizione della mano al momento del trauma e dalla violenza d’impatto. Sia essa un forte colpo di pallone, ad esempio, o una caduta a terra.

Fratture negli adulti

Nell’adulto le fratture (del solo radio o del radio e dell'ulna) sono più evidenti con fratture intra-articolari o extra-articolari, a seconda che coinvolgano o meno la superficie articolare radiocarpica. 

Sono pluriframmentarie, hanno quindi più rime di frattura, o possono presentarsi con blocchi completi dell’epifisi distale, extrarticolari, che si scompongono al di sopra o al di sotto del radio stesso, causando all’esterno profili dichiaratamente alterati del polso stesso.

Quali sintomi si evidenziano se si frattura il polso?

La sintomatologia è chiaramente dettata da:

  • dolore intenso
  • deformità del polso
  • incapacità di muovere il polso.

Come si fa a capire se il polso è rotto?

Queste fratture vanno studiate radiologicamente con radiografie. Alle volte, nel soggetto adulto giovane, anche con TAC perché come per tutte le fratture, quelle coinvolgenti le articolazioni e quindi intra-articolari, sono più gravi e necessitano di trattamenti più complessi e spesso chirurgici.

Le fratture più comuni nel paziente anziano sono le fratture di Colles o Goyrand, fratture con frammenti articolari che:

  • si dorsalizzano, hanno quindi una scomposizione superiore
  • si volarizzano, presentano quindi una scomposizione inferiore.

Tutte anche se con qualche difficoltà, seppur possibile, si riducono per mezzo di manovre esterne.

Come si cura la frattura del polso?

Solitamente il trattamento è conservativo. Questo perché in genere si eseguono manovre riduttive soddisfacenti, mediante trazioni progressive del polso eseguite da due collaboratori, seguite poi da pressioni, flessioni, dorsalizzazioni o radioulnarizzazioni.

L’obiettivo è ottenere una ricostruzione del profilo anatomico delle ossa il più normale possibile.

Nei bambini è necessaria una sedazione e quindi è previsto l’intervento di un anestesista. Nell’adulto si interviene mediante anestesie locali intrafocali, e cioè nella frattura, così da ridurre l’effetto doloroso delle manovre riduttive. Non è però escluso a priori l’intervento di un anestesista.

Il tutto può essere fatto sotto controllo scopico, e quindi vedere direttamente se la manovra ha dato buoni risultati. Qualora il controllo non fosse possibile, si interviene secondo schemi collaudati senza la scopia ma facendo, dopo la manovra riduttiva, una prima immobilizzazione momentanea del polso, un controllo radiografico sotto gesso per vedere il risultato. Se questo è buono si completa la confezione dell’immobilizzazione.

Immobilizzazione della frattura attraverso il gesso

Il gesso deve essere confezionato con cura, deve esser manipolato, plasmato ed avere delle forme che mantengano il polso in posizioni apparentemente deviate tali da mantenere nel tempo la riduzione ottenuta. Il gomito è artefice della rotazione del polso, la prono-supinazione dell’avambraccio, e la stessa può causare una scomposizione sotto gesso della frattura.

L’apparecchio gessato a gomitiera è indispensabile per almeno i primi 20 giorni, in quanto la frattura inizia a produrre un callo fibroso che la stabilizza ed evita la scomposizione secondaria. Quindi la parte del gomito può essere rimossa permettendo la prono-supinazione.

Alcuni ortopedici decidono comunque di mantenere l’apparecchio gessato fino al termine del trattamento e dopo i 35 giorni, rimuoverlo in toto ed eseguire una radiografia di controllo senza gesso.

Generalmente il periodo post rimozione è il più complicato. La forma del gesso, posizionato apposta per contrastare la deformità della frattura, ha comportato una ulteriore posizione alterata del polso con rigidità. Ed è necessario un recupero progressivo.

A questo scopo si possono istruire i pazienti ad eseguire fisioterapie autonome che li aiutano a riabilitare il polso, stimolandoli anche all’uso domestico della mano, senza particolari sforzi, così da eseguire in modo naturale la ginnastica di recupero. L’aiuto di un fisioterapista completa la fase riabilitativa.

Intervento chirurgico

Il trattamento chirurgico è necessario quando la frattura presenta l’interessamento articolare della radiocarpica, ovvero quando la frattura penetra nell’articolazione scomponendola, magari con la presenza di frammenti ossei che vengono spinti verso il basso o verso l’alto. Generalmente sono più frequenti i frammenti volari, ovvero quelli rivolti verso il basso.

Con un intervento chirurgico si accede all’epifisi distale del radio per svolgere le manovre riduttive necessarie e applicare, poi, o placche e viti in titanio di nuova generazione, premodellate sulla forma anatomica normale del radio.

In alternativa, si usano fili metallici chiamati fili di Kirschner che sintetizzano i vari pezzi ossei; il tutto, sempre sotto controllo scopico. Una volta effettuata la sutura si applica un emigesso modellato fino a sotto il gomito, meno complesso e pesante della gomitiera gessata.

Applicazione di un Fissatore Esterno Assiale

In alternativa si applica un FEA, Fissatore Esterno Assiale, ovvero un sistema di sintesi esterno, come un ponte parallelo al polso.

Il FEA viene fissato con due viti alle ossa metacarpali della mano e con altre due viti, che fuoriescono dalla cute, all’osso radiale prossimale, quindi sopra la frattura sintetizzata.

È quindi un’architettura esterna, con le stesse funzioni del gesso, ma priva della pesante e ingombrante immobilizzazione della gomitiera gessata. Le viti che fuoriescono dalla cute si medicano ogni 3, 4 giorni e si lasciano in sede con il FEA per 35, 40 giorni.

In anestesia, poi, si rimuove tutto, lasciando solo piccoli fori cutanei dovuti ai fili di Kirschner e le piccole ferite suturate nel punto di inserzione delle viti, chiamate anche fiches. Ogni manovra e intervento devono essere ben spiegate al paziente che deve accettarle con un consenso scritto.

Quanto tempo ci vuole per guarire?

In alcuni ospedali è uso rimuovere la porzione di immobilizzazione del gomito dopo 20 giorni, in altri si lascia la gomitiera e cioè da sotto la spalla fino a quasi le dita della mano per tutti i 35 giorni.

Solitamente si svolge un controllo radiologico dopo 7, 8 giorni dall’applicazione del gesso. Controllo che viene svolto ulteriormente in seguito alla rimozione del gesso.

In caso di ricorso al FEA, le tempistiche sono alle volte più lunghe dei 35 giorni di gesso, ma in entrambe, la fase di riabilitazione può perdurare per qualche mese.

In genere i risultati sono buoni. Se si esclude qualche deformità - esteticamente visibile ma di relativa importanza - il polso torna ad avere un'ottima funzionalità anche nel paziente anziano, seppur con qualche minima limitazione, comunque ininfluente sulla vita quotidiana. Discorso diverso per il paziente giovane, dove bisogna procedere ristabilendo i rapporti anatomici adeguati e dando al paziente un polso il più perfetto possibile.

Nei bambini i problemi sono ridotti. Essendo in fase di crescita, i piccoli pazienti sono in grado non solo di consolidare le fratture più velocemente, ma sono capaci anche di rimodellare le ossa fratturate cancellando nel tempo, e definitivamente, ogni traccia di frattura o deformità.