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Il bambino: dall'illusione al principio di realtà


È importante che il bambino viva emozioni positive nel passaggio dalla fase di onnipotenza alla fase in cui comincia a misurarsi con il principio di realtà

DALL'ILLUSIONE AL PRINCIPIO DI REALTÀ

Attorno all'ottavo mese il bambino vive un momento di passaggio fondamentale dall'illusione che tutto può, tutto gli è concesso, alla delusione nello sperimentare che la realtà è complessa e difficile, che spesso lui non è in grado di controllarla e che quindi deve trovare in sé nuove risorse per fronteggiarla e per adattarsi (principio di realtà).

Per la formazione di una buona identità e per progredire nell'autonomia, oltre all'acquisizione di capacità e competenze motorie e di linguaggio, è importante che il bambino viva emozioni positive nel passaggio dalla fase in cui sperimenta la sua onnipotenza, alla fase in cui comincia a misurarsi con il principio di realtà.

È una tappa di fondamentale importanza nella crescita e nella formazione della personalità perché se da una parte è indispensabile che il bambino misuri i suoi limiti, dall'altra non ne deve uscire così avvilito e mortificato da perdere la fiducia in se stesso e rallentare quindi il proprio sviluppo psicologico.

CHE RUOLO HANNO I GENITORI?

Il comportamento dei genitori è determinante per far sentire al bambino la loro totale approvazione verso la sua conquista dell'autonomia anche quando i suoi comportamenti sono inadeguati, irritanti o non suscitano proprio simpatia.

Nel fare esperienza della realtà il bambino afferma in modo sempre più orgoglioso il suo IO, esprime il suo volere (“no”), si arrabbia molto se le cose non vanno come lui desidera (capricci). Queste sono affermazioni positive della sua individualità, ma talvolta si traducono in comportamenti problematici o per lui pericolosi. Certo, è necessario che il genitore dica anche dei “no” e metta dei limiti, ma è fondamentale che sia in empatia col bambino, ne capisca la fragilità e la delusione, non lo mortifichi e gli proponga vie d'uscita ed alternative che lo consolino della rinuncia e della sua impotenza. Bisogna fargli capire che affetto e fiducia restano invariati anche se il suo comportamento non viene assecondato.

Essere in empatia significa anche dare un nome alle sue emozioni: “capisco che sei arrabbiato perché di ho detto di no… ci sei rimasto male perché non riesci a farlo da solo allora facciamolo insieme” etc.