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Escherichia Coli, cosa provoca questo batterio


L’Escherichia Coli è un microrganismo della famiglia degli enterobatteri che sono normalmente presenti nella flora batterica dell’intestino, ma che in alcuni casi possono anche agire da patogeni

Che cos’è l’Escherichia Coli?

L’Escherichia Coli è un microrganismo che fa parte della famiglia degli enterobatteri, i quali crescono e si sviluppano nell’intestino dell’uomo e di altri animali a sangue caldo. Oltre a questi habitat, che sono particolarmente favorevoli per lui, l’E.Coli può essere trovato anche nel cibo e diffondersi nell’ambiente.

Nella maggior parte dei casi, questi microrganismi non sono pericolosi e, anzi, partecipano attivamente alle funzioni della flora intestinale. Talvolta, però, possono risultare aggressivi al punto da causare varie patologie enteriche.

L’Escherichia Coli, poi, ha specifiche caratteristiche che lo distinguono da altri microrganismi. In primo luogo, è un batterio gram negativo e non produce spore (asporigeno). Ha la forma di un bacillo ed è dotato, su tutta la sua superficie, di flagelli, che vengono utilizzati per spostarsi e sottili filamenti, chiamati fimbrie o pili, che hanno una duplice funzione: consentono ai batteri di comunicare tra di loro e di ancorarsi alle cellule. 

Siccome la temperatura ideale per la sopravvivenza dell’Escherichia Coli è compresa tra i 35 e i 40 gradi, risulta evidente, come detto, che l’intestino dell’uomo è un habitat ottimale.

Questo microrganismo, poi, può svilupparsi sia in presenza che in assenza di ossigeno e innescare reazioni di fermentazione servendosi del lattosio. Quest’ultima caratteristica è molto importante in fase diagnostica, in quanto permette di distinguere l’E.Coli da Salmonella e Shigella, batteri che non possiedono questa capacità. 

Come detto, l’E.Coli non sempre è pericoloso per l’uomo, dipende dal suo grado di patogenicità, determinato dalle tossine di cui dispone, dalle adesine - proteine che gli consentono di aderire alle mucose intestinali - e dalla invasività, cioè da quanto profondamente il batterio riesce a insediarsi nell’ospite.

Come si prende l’Escherichia Coli?

Essendo presente nell’ambiente e negli alimenti, l’Escherichia Coli può essere trasmesso all’uomo in modalità diverse. L’infezione provocata da questo batterio, ad esempio, può essere innescata bevendo acqua o ingerendo cibi contaminati. Sono a rischio, in particolare, gli alimenti crudi (frutta, verdura, carne) - l’E.Coli è sensibile al calore e muore a temperature superiori ai 60 gradi - e il latte non pastorizzato

L’infezione può essere trasmessa anche da persona a persona quando, ad esempio, si entra in contatto con mani non igienizzate correttamente, magari dopo il contatto con animali contaminati. 

Alla luce di ciò, è evidente che si può prevenire l’infezione da Escherichia Coli seguendo semplici regole di igiene personale. Oltre a lavare accuratamente le mani con sapone dopo essere stati in bagno, aver toccato animali o maneggiato pannolini, devono essere lavati bene con acqua calda anche gli utensili per cucinare ed è necessario evitare, se possibile, gli alimenti più a rischio elencati poc’anzi.

Quanto è pericoloso l’Escherichia Coli?

Come abbiamo anticipato, nella maggior parte dei casi, gli Escherichia Coli risultano innocui per l’uomo e, anzi, contribuiscono alle funzionalità della flora intestinale.

Talvolta, però, possono assumere caratteristiche patogene e provocare una serie di danni e disturbi di varia severità quali, ad esempio, crampi a livello addominale, nausea, vomito e diarrea, che può presentare anche tracce di sangue.

Benché, poi, l’infezione possa colpire chiunque, ci sono categorie della popolazione più a rischio, nel senso che hanno maggiori probabilità di sviluppare complicanze anche gravi. Si tratta dei bambini piccoli e degli anziani, nei quali l’infezione può degenerare nella sindrome emolitica uremica, ossia un’insufficienza renale associata ad anemia e deficit di piastrine.

Cosa provoca l’Escherichia Coli?

Le conseguenze sulla salute della persona che sviluppano infezioni da Escherichia Coli dipendono dalla tipologia di batterio con cui il soggetto entra in contatto. Di seguito, ecco un elenco dei principali E.Coli e dei rispettivi disturbi che possono innescare.

Escherichia Coli enteroinvasivi

Gli E.Coli enteroinvasivi sono capaci di ancorarsi alle mucose dell’intestino crasso provocando infezioni che possono causare diversi disturbi quali:

E.Coli tossigeno

Questi Escherichia Coli producono tossine che aggrediscono le mucose dell’intestino tenue, provocando come manifestazione sintomatologica principale diarrea. Gli E.Coli tossigeni rappresentano la più frequente causa di diarrea di origine batterica. Il disturbo che colpisce le persone che si recano nei Paesi in via di sviluppo, la cosiddetta “diarrea del viaggiatore” è dovuta proprio a questa tipologia di E.Coli, che si contrae attraverso acqua e cibo contaminati.

E.Coli enteropatogeni (Epec)

Attaccano i microvilli intestinali, a livello dell’intestino tenue e sono i principali responsabili della diarrea durante l’età infantile. Anche questo tipo di E.Coli può causare la diarrea del viaggiatore.

E. coli entero aderenti

Aderiscono in modo irreversibile alle pareti dell’intestino e rappresentano il principale responsabile della diarrea infantile nei Paesi in via di sviluppo.

E. coli enteroemorragici

Sono caratterizzati da un elevato livello di patogenicità e, attraverso le loro tossine, possono causare colite emorragica, accompagnata da crampi all’addome.

In cinque casi su cento, l’infezione può determinare una complicanza particolarmente grave nota come sindrome emolitica uremica.

E. coli uropatogeni

Gli E.Coli possono, poi, causare anche infezioni del tratto urinario. I patogeni responsabili, nella maggior parte, fanno parte della fisiologica flora batterica presente nel colon del soggetto.

Tra le principali conseguenze dell’infezione delle vie urinarie da E.Coli uropatogeni ci sono prostatiti, cistiti, uretriti e pielonefriti.

Come viene diagnosticata l’infezione?

Per prima cosa, la diagnosi di infezione da E.Coli passa dall’esame obiettivo del medico, che raccoglie dal paziente tutte le informazioni necessarie a questo scopo, incluse le principali manifestazioni sintomatologiche. 

A supporto diagnostico, possono essere prescritti alcuni esami tra cui:

  • esame delle feci, in presenza di sintomatologia associabile a disturbi gastroenterici
  • esame delle urine, quando c’è un coinvolgimento dell’apparato urinario, con sintomi che richiamano un’infezione di quel tratto

Anche l’analisi sierologica può essere richiesta per individuare le eventuali tossine rilasciate da E.Coli, allo scopo di individuare il sierotipo del batterio.

Cosa fare se si ha l’Escherichia Coli?

Le infezioni a carico dell’intestino provocate da Escherichia Coli, solitamente, se non determinano particolari complicanze, tendono a risolversi spontaneamente, senza la necessità di dover ricorrere ad alcun trattamento farmacologico.

Le indicazioni del medico, quindi, riguardano semplicemente la raccomandazione del riposo e l’assunzione di liquidi per recuperare quelli persi in eventuali episodi di diarrea o vomito.

Le gastroenteriti causate da E.Coli non richiedono necessariamente e sempre una terapia antibiotica. Sarà il medico, di volta in volta e in base alle caratteristiche e alla storia clinica del paziente, a decidere il modo più opportuno di agire. Anche valutando i risultati di eventuali esami di laboratorio su feci e urina, la sede dell’infezione e la sua severità.

Per valutare, poi, la risposta e la suscettibilità del batterio ai vari antibiotici, scongiurando lo sviluppo di resistenza ai farmaci da parte sua, può essere effettuato un antibiogramma, un test che consiste nel mettere direttamente in contatto il patogeno con i vari antibiotici, per individuare il farmaco più efficace.

Quanto tempo ci vuole per guarire dall’infezione da E.Coli?

L’infezione da E.Coli ha generalmente un periodo di incubazione di tre o quattro giorni di distanza dalla contaminazione (ingestione di bevande o alimenti contaminati). Dopodiché, cominciano a comparire i sintomi che possono durare anche fino a otto giorni, terminati i quali il paziente, nella maggior parte dei casi, si ristabilisce completamente.